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Berlusconi c'è. Fine dei giochi

Dl Ronchi, la camera vota la fiducia al governo

Sconfitto il "partito" delle urne

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{{IMG_SX}}Dice Flavia Perina mentre a passo levato s'avvia a conquistare l'uscita di Montecitorio alle venti meno venti minuti: «Oramai qui dentro parliamo del periodo ipotetico dell'irreale. Quando andiamo sulle cose concrete, la situazione è sempre un'altra». E va bene, ma qui il governo ha rischiato di cadere su una possibile mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario Cosentino, difeso da tutti i forzisti e inviso ai finiani, di cui la direttrice del Secolo è una delle menti più influenti. "Scusi, un conto è esercitare una pressione perché Cosentino in quella posizione è un problema per il governo". E un altro conto? Perina strabuzza gli occhi ed esclama: «Un altro conto è che noi ci si metta a votare con Di Pietro». È la deposizione delle armi. Persino Italo Bocchino, il finiano che ha seminato il panico nel Pdl, si mangia un mandarino calabrese alla buvette e lievemente stanco sintetizza: «Giornata serena». Che cosa è successo? Appena ieri mattina sembrava che l'Italia stesse viaggiando dritto dritto verso le elezioni anticipate. A sera, ex an e ex fi si guardano un po' meno in cagnesco. Il clima nel principale partito è più tranquillo. Si arriva alla svolta con una nota scritta, che Berlusconi fa diramare a pranzo, all'ora dei tg. Scrive il presidente del Consiglio: «Vedo con stupore che si stanno moltiplicando e diffondendo notizie che continuano a fare apparire come imminente un ricorso alle elezioni anticipate. Non ho mai pensato niente di simile». Non solo, il Cavaliere spiega: «Il mandato che abbiamo ricevuto dagli elettori è di governare per i cinque anni della legislatura, ed è questo l'impegno che stiamo già portando avanti con determinazione e che intendiamo concludere nell'interesse del Paese». Avanti così, dunque, afferma il premier. Anche perché non c'è alcun cedimento: «La maggioranza che sostiene il governo è solida anche al di là di una dialettica interna che comunque ne accentua le capacità ideative. Grazie a questo sostegno e alla fiducia che ci manifesta ogni giorno oltre il 60 per cento degli italiani, completeremo le riforme di cui l'Italia ha bisogno». È l'uscita di scena dei falchi del Pdl. Tornano a volare le colombe. Gongola Gianni Letta, che avverte al telefono Gianfranco Fini dell'arrivo del comunicato. E il presidente della Camera non può che accogliere con soddisfazione. Tradotto in atti, vuol dire che ora il disegno di legge sul processo breve può procedere speditamente. Forse potrebbe essere approvato prima di Natale, sebbene con alcune modifiche che lo depurerebbero dagli elementi di incostituzionalità. A gennaio, avanti anche con il lodo Alfano riproposto per via costituzionale, in modo da proteggere il premier anche per il futuro. Sarà comunque inserito in un testo più ampio di riforma dell'assetto istituzionale, la «rifomona» che già è stata preannuncita dal Cavaliere. Incassa anche Bossi. Che aveva lungamente persuaso Berlusconi dal rivedere posizioni oltranziste. Il ministro dlele Riforme vuole completare (e ci mancherebbe) il percorso delle riforme: proprio oggi in Consiglio dei ministri approda un testo sulla semplificazione che taglia un bel po' di costi della politica. Il Senatùr aveva insistito con il Cavaliere affinché cercasse un'intesa con Fini. Lui, Berlusconi, nel pomeriggio arriva alla Camera per votare la fiducia e per rimarcare la linea. A chi gli chiede se rivedrà il presidente della Camera, con tono pacato risponde: «L'ho già incontrato e secondo me non c'è nulla da chiarire». Silvio s'è ripreso la scena. In appena tre ore ha rasserenato il clima nel Pdl, ha tranquillizzato Fini, ha sigillato il rapporto con Bossi e soprattutto ha ripreso forte e chiara la leadership di partito e governo. Ora può andare avanti. Sulle ali delle colombe e delle ragionevolezza.

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