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Sale l'allarme terrorismo ma scarseggiano i soldi

Il simbolo delle Brigate rosse

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Il ministro dell'Interno misura le parole, ma le sue frasi di questi giorni preoccupano.  L'allarme terrorismo viene lanciato ogni giorno come non avveniva da tempo. «Sono segnali seri, che stiamo valutando», ha detto l'inquilino del Viminale a margine di un convegno a Milano. Poi riferendosi all'ennesimo documento fatto recapitare a diverse redazioni ha commentato: «Il volantino ha forti analogie con le Br, ma anche differenze importanti, che ci fanno però ritenere che non sia frutto della mente di un matto, ma che ci sia qualcosa da approfondire».   Il ministro ha aggiunto che «più in generale, stiamo seguendo questo fenomeno, anche in collegamento con altri, come certi fermenti dell'area antagonista, e soprattutto l'eventuale possibile rapporto con il radicalismo islamico». «L'area di Milano e della Lombardia è quella dove si sono radicati i fenomeni di terrorismo, in crescente via di sviluppo. A Milano c'è stato il primo caso di kamikaze in Italia. Purtroppo si concentrano tutti qui. L'attenzione è massima», ha concluso. Lunedì, una lettera ciclostilata di quattro pagine, inneggiante alla lotta armata e che minaccia il ritorno all'azione terroristiche, è stata consegnata al'Unità e ad altre redazioni, tra cui quella di Rai e Mediaset.   Il ministro Maroni non è mai stato portavoce di allarmismi e il fatto che nel giro di pochi giorni avverta pubblicamente dell'esistenza di un pericolo incombente lascia pensare. Sorprende che le dichiarazioni di Maroni siano state pronunciate principalmente durante sortite in Lombardia. Anche se ieri pomeriggio è ritornato sull'argomento al Viminale dopo l'incontro con la collega svizzera. Con la signora, Evelyne Widmer Schlumpf, il ministro Maroni ha parlato, infatti, di coordinamento nel controllo delle frontiere finalizzato all'individuazione di soggetti vicini all'area brigatista e/o integralista islamica. Quella sigla Nat, sulla quale l'anti terrorismo sta lavorando, inquieta il responsabile del Viminale. Investigatori e magistrati impegnati nella lotta al terrorismo hanno accolto con realismo l'allarme lanciato dal ministro Maroni sul pericolo di un rigurgito del fenomeno. Ma, nel contempo, sottolineano che allo stato non hanno registrato segnali particolarmente allarmanti nel settore dell'eversione interna. Un motivo in più per sostenere le forze di polizia nella loro opera di prevenzione. E, quindi, dare fondi per le indagini, i pedinamenti, le intercettazioni e la tecnologia che permettano di prevenire escalation pericolose. Soldi che la momento non ci sono e non sono previsti. Soldi che Roberto Maroni ha chiesto, un miliardo e cento milioni, battendo i pugni anche con Bossi. Perché la lotta alla mafia vada avanti con successo e la guardia nei confronti del terrorismo non si abbassi occorre un cospicuo budget. La sicurezza è un bene di tutti e per tutti. Maroni lo sa. Lancia l'allarme, ma è bene che batta anche cassa. Di nuovo.  

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