Berlusconi cambia strategia
Fini: riforme ma non da soli
«Così non si può governare». È un considerazione amara quella che esce dalla bocca di Silvio Berlusconi mentre parla con uno dei pochi deputati a cui ormai risponde al telefono. «Hai visto? - gli ha domandato - I magistrati se ne sbattono pure di quello che dice la Consulta. Per loro se io partecipo al vertice della Fao non è un impedimento per non andare al processo di Milano. Ma si può governare così? Ogni giorno ce n'è una. Sul civile, sul penale. E poi devo anche pensare al governo. Come devo fare?». Uno sfogo. Ma non uno sfogo di rassegnazione. Anzi, chi ha sentito o visto il Cavaliere in questi ultimi giorni giura di averlo trovato battagliero, combattivo. Silvio non molla. Cambia strategia. Ormai la linea dei falchi sembra essere stata messa da parte. Ritornano i vecchi mediatori. Che sono già all'opera con Gianfranco Fini. Sia chiaro, il premier è molto deluso dal comportamento tenuto nelle ultime settimane dal presidente della Camera: «Sono umanamente deluso da lui - ha spiegato, ripetendo quando aveva già detto alla fine della scorsa settimana a Storace e Buontempo -. Credevo che esistesse la politica. Ma che poi ci fosse al fondo l'amicizia. Forse non è così». Ma qualche suo interlocutore gli ha risposto che in politica non esiste la categoria della fedeltà, bensì quella della lealtà. E Fini, nonostante tutto, è ben difficile considerarlo non leale. Anzi, quello che pensa mai come oggi lo ha detto in pubblico. Berlusconi deve prendere atto che in questo momento non può lasciarsi andare ai sentimenti. Con il presidente della Camera deve convivere. E se vuole andare avanti deve mettersi d'accordo. Lo cercherà nelle prossime ore. Non è escluso che si incontrino a breve. Un faccia a faccia per cercare di mettere una pezza al testo sul processo breve sempre più contestato e sempre più bersagliato, accusato di contenere anche profili di inconstituzionalità. Non c'è nulla di confermato ma anche al piano nobile di Montecitorio il clima è più disteso, la linea è rimanere abbottonati in questa fase perché qualunque parola è benzina sul fuoco delle polemiche. Insomma, pure i finiani hanno ben chiaro che la situazione può precipitare da un momento all'altro e certo non se ne vogliono intestare la paternità. Quello che a palazzo Grazioli, quartier generale berlusconiano, si sta preparando è un cambio più profondo. «Stiamo cercando di allargare la base della trattativa, ma di più non si può ancora dire», spiega Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato. L'ipotesi a cui si sta lavorando è un tavolo più ampio che comprenda anche le riforme istituzionali e che chiami in causa l'opposizione. L'Udc, certo. Ma in queste ore si sono intensificati i contatti anche con il Pd. Il terreno può essere quello delle riforme istituzionali perché sulla giustizia al momento c'è ancora aria di scontro. Tanto che in serata Paolo Bonaiuti è costretto a rispondere al segretario Pd: «Da Bersani non ci aspettavamo nulla. Ma ancora meno ci aspettiamo dopo che ha definito "inaccettabile" e "impotabile", cioè non bevibile, il disegno di legge sul processo breve. Proprio lui, Bersani, che per decenni si è bevuto tutte le panzane del post-comunismo». D'altro canto il dialogo con la sinistra si intreccia inevitabilmente anche con le trattative europee. Giovedì Berlusconi dovrebbe essere a Bruxelles Proprio per l'intensificarsi delle trattative anche se queste non sembrano essere ancora entrate nella fase finale. L'ultimo capitolo resta il Pdl. Il partito è inesistente, sparito, evaporato. A difendere Berlusconi è rimasto solo Capezzone. Dileguata la prima linea, silenziosi i ministri, taciturna pure la seconda linea, i magnifici quarantenni, quelli che impettiti si dichiaravano berlusconiani. Sentenzia il ministro Mariastella Gelmini: «Un governo è forte quando ha dietro un partito forte».