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Nuovo allarme: Al Qaeda fa proseliti in carcere

Jihadisti ripresi dal Ros di Milano

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Il nuovo fronte della jihad in Italia potrebbe diventare le carceri. Il proselitismo dietro le sbarre è un pericolo noto e già molto diffuso negli Stati Uniti come in Francia e in Olanda. A lanciare l'allarme in Italia è il segretario del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria. «Anche in carcere c'è il rischio di diffusione del fondamentalismo islamico- spiega Donato Capece, segretario nazionale - come già avvenuto negli anni di piombo quando molti detenuti comuni sono stati arruolati nelle file del terrorismo durante la detenzione». In alcuni istituti penitenziari del Nord l'80 per cento dei detenuti è rappresentato da extracomunitari e molti sono di religione islamica. «Causa il sovraffollamento delle carceri - sottolinea il sindacalista del Sappe - detenuti per reati di terrorismo e comuni sono nelle stesse sezioni. Individui più fragili e caratterialmente più deboli è facile che siano convertiti al fondamentalismo». E già si segnalano diverse conversioni all'Islam anche di cittadini italiani. A questo proposito si ricorda il caso di Domenico Quaranta che nel maggio 2002 tentò di compiere un attentato nella metropolitana di Milano con due bombole di gas inneggiando ad Allah. Quaranta, pregiudicato siciliano si era convertito in carcere. Ma sono soprattutto i tanti detenuti stranieri che potrebbero trovare nel jihadismo una svolta nella loro vita. «Per questo chiediamo al governo - ribadisce Capece - di avviare subito le trattative con i Paesi esteri da cui provengono i detenuti, a partire da Romania, Tunisia, Marocco, Algeria, Albania, Nigeria - affinché scontino la pena nei Paesi d'origine».

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