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Fini contro i falchi di Silvio

Gianfranco Fini

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Gianfranco Fini attacca i falchi del Pdl. O meglio, attacca i consiglieri più duri che strattonano quotidianamente Silvio Berlusconi. Senza mai citarli, nel corso dell'intervista a «In mezz'ora» di Lucia Annunziata, il presidente della Camera prende di mira Niccolò Ghedini, Vittorio Feltri e persino l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. E in generale tutti coloro che a vario titolo hanno adombrato complotti che lo avrebbero visto protagonista ai danni del governo Berlusconi. Anzi, li ha persino deriso. «Sono tranquillo, anche se in queste settimane si vive in un clima parossistico», dice tanto per cominciare. Quindi spiega: «Non c'è alcun complotto, e se poi nel complotto si pensa al presidente della Camera o al Capo dello Stato siamo al delirio». non è finita, rincara la dose: «Se qualcuno pensa davvero che il problema del Pdl o del governo sia il ruolo del presidente della Camera, questo mi sembra un po' autoconsolatorio». Quindi spiega che le eventuali elezioni anticipate, che erano state caldeggiate dall'ex Capo dello Stato, sarebbero «il fallimento della legislatura», ma anche «del Pdl», che «è il fatto nuovo di questa legislatura di cui Silvio Berlusconi può a buon diritto menar vanto». C'è poi un corposo dossier giustizia. E Fini sembra piuttosto rassicurare il Cavaliere sebbene non intenda recedere sul fatto che alle richieste di Berlusconi occorrano dei paletti. Per il presidente della Camera «c'è un corto circuito tra potere politico e giudiziario in Italia da quindici anni che rischia di bloccare la crescita delle nostre istituzioni. Bisogna risolverlo senza garantire a Berlusconi l'impunità, ma senza abbatterlo per via giudiziaria». Rimanendo nel tema, il principale inquilino di Montecitorio dice di «non avere nulla in contrario» sulla idea di varare un nuovo lodo di immunità per le alte cariche dello Stato con percorso costituzionale: «Io ho il massimo rispetto per tutti, quindi anche per il Pd. Mi auguro che in quel partito discutano e non boccino l'ipotesi con una rottura con cui andare sulle barricate». Parole quasi concilianti anche sul processo breve: «Non desti scandalo, e sulla costituzionalità del provvedimento, attendiamo l'iter parlamentare del ddl. Vedremo nel dibattito parlamentare cosa accadrà». Diventa sprezzante quando si parla di un'altra ipotesi circolata sui quotidiani, rilanciata tra l'altro proprio dal Giornale, ovvero di una minaccia di un attentato che starebbe costringendo il presidente del Consiglio a dormire a Palazzo Chigi anziché a casa sua, palazzo Grazioli (dove peraltro è tornato ieri sera): «Da quello che so io no, ma il presidente del Consiglio avrà altre informazioni. Mi è stato detto che il cittadino libico che è stato arrestato su di me aveva solo dei ritagli di giornale da non prendere sul serio. Il che però non vuol dire che su Berlusconi ci sia qualcosa di più serio». La Annunziata gira il coltello nelle ferite interne al Pdl come se ce ne fosse ancora bisogno. E così la giornalista domanda se, viste le difficoltà interne, non sia necessario un nuovo congresso del Pdl: «Fare nuove assise Pdl - risponde Fini - francamente mi sembra una non soluzione». Poi, sulle dietrologie intorno al suo futuro, il presidente della Camera puntualizza: «Se avessi voluto una leadership personale, mi tenevo un partito del 13% dei voti». E le reazioni? Se si bastonano i falchi si fanno avanti le colombe. Vola Sandro Bondi: «L'intervista rilasciata dal presidente della Camera a Lucia Annunziata contiene opinioni in larga parte condivisibili. In particolare è condivisibile la proposta di ripresentare, parallelamente al disegno di legge sull'accelerazione dei processi, un provvedimento di natura costituzionale che tuteli le più alte cariche dello Stato durante lo svolgimento del proprio mandato». «Tutti dobbiamo operare - afferma il coordinatore del Pdl - affinché l'attuale legislatura sia la legislatura delle riforme, secondo la volontà espressa poco più di anno fa dal popolo italiano. Eventuali elezioni anticipate sarebbero solo la presa d'atto dell'impossibilità da parte del Parlamento di realizzare le riforme di cui l'Italia ha bisogno. In questo senso ha ragione il presidente della Camera ad osservare che esse sarebbero anche una sconfitta per il Pdl, che ha invece qui ed ora la possibilità di dimostrare la comune vocazione alle riforme, la propria compattezza, nonché la propria lealtà nei confronti del presidente del Consiglio, in una linea di resistenza democratica all'assalto militante di certa magistratura», conclude Bondi.

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