Battisti ci prova con il digiuno
Uno sciopero della fame per una sporca strategia. Un altro digiuno per dire al mondo: fermiano la strage di bambini affamati. Cesare Battisti, terrorista omicida condannato all’ergastolo, ha scritto al presidente Lula annunciando lo sciopero della fame. Il terrorista che ha sparato per rapinare e uccidere, prima ancora ha rubato e stuprato, oggi dice: «Ho sempre lottato per la vita». Certamente non quella delle sue vittime. Abile scrittore qual’è cerca, in questa lettera a Lula, sapientemente resa pubblica, di confondere le acque. Parla di militanza politica e di delitti comuni. Distinguo che Battisti utilizza per dimostare non solo la sua «innocenza» ma anche il suo essere perseguitato. Ed ecco quindi la scelta di lasciarsi morire di inedia per ottenere quei «diritti stabiliti dallo statuto del rifugiato e del prigioniero politico. Con questo spero di impedire, in un ultimo atto di disperazione, questa estradizione, che per me equivale ad una condanna a morte». E poi il coupe de theatre. «Ma se si tratta di morire io sono pronto a farlo, ma non per mano dei miei boia». Scrive Battisti tornato romanziere noir. Un'infamia. Nel mondo milioni di persone muoiono di fame. Domani a Roma si riunirà il vertice mondiale della Fao per cercare di frenare questa strage. Bambini del Terzo mondo compresi molti che vivono in alcune regioni di quel grande Brasile al quale il criminale Battisti chiede aiuto. Il terrorista dei Pac, allergico alla galera, cerca di impietosire il mondo. Quel mondo che ricorda il suo volto strafottente e il suo sorriso di sfida quando ha lasciato il carcere francese. Quel mondo che per tre giorni, dovrà cercare di trovare una strategia per salvare quei bambini che rischiano di non vedere sorgere il sole domani. Affamati, uccisi da malattie per lo più debellate nel Nord della Terra, come morbillo e malaria. A Battisti di questo non importa. Ha l'arroganza di sostenere che «Molte conquiste sociali di cui oggi gli italiani usufruiscono sono state conquistate grazie al sangue versato da quei compagni di utopia». Non solo. Plasma le parole ai suoi fini: «Sono pochissimi gli uomini e le donne della mia generazione che non hanno sognato di un mondo diverso, più giusto. Peraltro, frequentemente, per pura curiosità o circostanze, solo alcuni decisero di lanciarsi nella lotta, sacrificando la propria vita». Uno scandalo. Le vite sacrificate sono quelle di coloro che Battisti esuoi compari hanno ucciso a sangue freddo. Non ci piace questo sciopero della fame. Questo tentativo ignobile di impietosire da parte di colui che pietà non ha avuto. Certo inseguiva l'«utopia». É lo sciopero della fame di Jacques Diouf quello che apprezziamo e condividiamo. «Spero che con questo gesto si riesca a far crescere la consapevolezza e far sì che l'opinione pubblica faccia pressione affinchè coloro che possono cambiare questa situazione lo facciano», ha detto il direttore generale dell'agenzia dell'Onu. Un fine umanitario globale. Non una protesta pro domo sua come quella del criminale assassino, perché che lo voglia o no, Battisti è stato giudicato, al pari dei suoi compagni di lotta armata, da giudici imparziali e secondo giustizia. Lui è fuggito ma in Italia un avvocato lo ha difeso. Alcuni dei suoi compagni, condannati per gli stessi reati, oggi sono liberi. Lui fugge. Continua a fuggire dalle sue responsabilità e fa lo sciopero della fame. Jacques Diouf e da ieri anche il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon non mangiano, ma per un fine alto. Per sostenere i Paesi del Sud del mondo che tanto tempo fa, erano al centro delle lotte rivoluzionarie. Ma Battisti l'unica rivoluzione che ha sempre seguito era quella sua privata. È finito in prigione per reati comuni. È passato alla lotta armata per uscirne e poi ha continuato a rapinare e uccidere nel nome della lotta armata. Si è fatto aiutare a evadere dai suoi compagni e poi li ha abbandonati. E ora il latitante Battisti cerca la pietà. Maurizio Piccirilli