Bertolaso: "Me ne vado, ed è la cosa più difficile"
«Lasciare questa maglietta è la cosa più difficile della mia vita». Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile che ha risolto l'emergenza rifiuti in Campania e affrontato il dramma del terremoto in Abruzzo, uomo solo al comando da otto anni, abbandona con dolore. Ma ormai la decisione è presa: «Il mio tempo qui è passato». Bertolaso ha affidato alle telecamere del Tg5, intervistato dal direttore Clemente Mimun, la «confessione» di una scelta di vita. L'addio definitivo il 31 dicembre. Poco più di due mesi e si abbasserà il sipario su una storia umana che si è trovata ad affrontare e risolvere le emergenze che hanno investito il Paese: dalla morte di Papa Wojtyla, quando arrivarono a Roma tre milioni di persone e quasi 200 capi di Stato, agli aiuti dopo lo tsunami in Sri Lanka. La sua prima volta da commissario risale al 1997, quando il governo gli affidò il compito di aprire l'ospedale Spallanzani di Roma. Poi fu la volta da vicecommissario vicario per il Giubileo del 2000. Nato a Roma il 20 marzo del 1950, laureato in medicina alla Sapienza, ha lavorato con governi di diverso colore. A non cambiare mai la polo blu con il logo della Protezione civile con cui si è immerso nei problemi più duri. Come quella volta alla prima esperienza di commissario per l'emergenza rifiuti in Campania. Era il 14 giugno del 2007 quando ad Ariano Irpino centinaia di persone che si opponevano alla riapertura di una discarica circondarono l'auto su cui si trovava colpendola con calci e pugni. Il giorno dopo si dimise. Ma poi arrivò la rivincita. Chiamato di nuovo a gestire il caos rifiuti dal premier Berlusconi. L'immondizia oggi ha abbandonato le strade di Napoli. L'inceneritore di Acerra è stato aperto. La Campania non puzza più. Proprio al presidente del Consiglio deve la fiducia nei momenti più difficili: «È stato un legame basato sulla stima del lavoro fatto - ha detto ieri - Berlusconi è un uomo del fare e anch'io, modestamente, credo di essere un uomo del fare». Bertolaso al Tg5 ha escluso un suo futuro impegno nel governo. E ha aggiunto: «Aver fatto il sottosegretario di Silvio Berlusconi è stato un onore. Un vero privilegio che mi ha consentito di risolvere il problema rifiuti in Campania». Poi Bertolaso ha ricordato il lavoro svolto in Abruzzo: «Purtroppo nel nostro Paese siamo abituati a farci male. C'era qualcuno che diceva che sì, la Protezione civile funzionava, aveva affrontato tante situazioni critiche ma non aveva mai dovuto fare i conti con una grande emergenza. L'emergenza è arrivata, mi pare che abbiamo dimostrato di essere in grado di gestirla, probabilmente anche meglio rispetto al passato. È stata una grande soddisfazione, non tanto per me quanto per quelli che ci hanno lavorato». Adesso il pluricommissario delle emergenze annuncia che l'obiettivo della sua vita è cambiato: «Devo ritrovare me stesso, il rapporto con la mia famiglia e gli affetti che avevo prima e che ho accantonato per dedicarmi anima e corpo a questo lavoro». Un uomo che abbandona una missione che, dice, «mi ha ripagato moltissimo». Il lavoro considerato come vocazione traspare dalle parole che sceglie per dire addio: «Spero di essere stato utile al mio Paese, di aver lasciato una traccia e un solco che possano essere portati avanti da qualcun altro». Dal primo gennaio il timone sarà ceduto. Ma lui promette: «Darò una mano per un periodo di doppio comando che possa garantire una transizione». Ha già fatto sapere che si dedicherà al volontariato. «Tornerò all'origine della mia attività - ha detto - ho fatto il medico in Africa anche se non sarà l'unico obiettivo». Già, l'Africa. Quando tra il 1977 e il 1989 condusse numerose attività di ricerca nel campo delle malattie tropicali in Paesi africani. Perché la passione resta sempre quella: rimboccarsi le maniche e risolvere i problemi.