Cambiare la Giustizia, ma per davvero
Un processo che dura sei anni non è un processo breve, è un processo lungo. Troppo. I guasti della malagiustizia si mescolano alla superficialità della politica, fino a corrompere anche il vocabolario. Mi spiace disturbare tanto idillio, ma ho l'impressione che con idee di questo tipo non si risolva nulla e neanche si facciano gli accordi. Si naviga a vista, ma nella nebbia. Sei anni sono lunghi, già sopra la media europea. Inoltre, il conteggio dei tempi decorre, secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che continua giustamente a condannare l’Italia per denegata giustizia, dal momento in cui un cittadino riceve l’avviso di garanzia, da quando l’indagine che lo riguarda è avviata. Se, invece, si toglie tutta la parte precedente all’udienza preliminare, si finisce con l’accettare che il cittadino possa passare una decina d’anni a fare l’indagato e l’imputato. Non è solo troppo, è incivile. Il 2x3 giudiziario (due anni per ciascuno dei tre livelli di giudizio) non risolve il problema della celerità, né, come detto, rende eurocompatibili i tempi del nostro processo penale. Ma neanche risolve il problema della prescrizione e, quindi, tanto per non girarci attorno, non risolve quelli del presidente del Coniglio imputato. Per quel che riguarda i tempi, pur non rinunciando alle altre, indispensabili, riforme della giustizia, comprese quelle costituzionali, basterebbe considerare perentori, quindi non eludibili, tutti i termini temporali previsti dal codice di procedura penale. Oggi sono «ordinatori» quelli che competono alla magistratura, vale a dire che si possono anche non rispettare. Esempi: motivazioni delle sentenze depositate dopo anni, richieste di rinvio a giudizio, o proscioglimento, che non arrivano dopo la chiusura delle indagini, ma dopo mesi e mesi. E veniamo alla prescrizione. Sarebbe giusto accorciarla, ma se si agisce sul processo, stabilendo che non può durare, in ciascun grado, più di 2 anni, e se ne stabilisce l'efficacia anche per quelli in corso, capiterà che alla data d'ingresso in vigore della legge ci saranno processi cui restano solo 15 giorni, o poche ore, poi svaniscono. In quel caso non si applica il «favor rei», che stabilisce la prevalenza del criterio più favorevole all'imputato, ma ci si schianta sull'incostituzionalità. È una sorte annunciata, ammesso che una cosa simile si trovi scritta in una legge. E, allora, che razza di accordo hanno fatto? Poca roba, neanche utile. Di fatto, si presenta una proposta, poi si aprirà la corrida degli emendamenti. Su quelli gli accordi pregressi cascheranno e l'arena s'inzacchererà di sangue. Dopo poco tempo, come in un dannato gioco dell'oca, risaremo tutti alla casella di partenza.