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"Questo è un incubo e una persecuzione"

Simonetta Cesaroni uccisa con trenta coltellate il 7 agosto del 1990

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È rimasto blindato nella sua casa di vicolo Anagnino a Morena fino alle 17. Non ha voluto parlare con nessuno, se non con qualche persona cara che gli è andata a fare visita appena appresa la notizia. Poi è uscito, accompagnato dalla moglie Roberta e il fratello Paolo. Vestito di scuro, il viso contrito, fuori dal cancello si è alzato il bavero della giacca fino a coprirsi la testa. È salito rapidamente a bordo di una Ford Ka nera e si è allontanato seduto sul sedile posteriore dell'auto. Raniero Busco è «un uomo distrutto». La moglie, Roberta Milletari, non ha molte parole per commentare «un incubo che va avanti da tre anni. Siamo stanchi. È diventata una persecuzione». Riesce solo ad aggiungere che è stata fatta «un'ingiustizia. Un rinvio a giudizio non è una condanna, ma sembra che sia quella la direzione. Noi andremo avanti con la forza dell'innocenza». Anche le persone vicine a lui, che nel primo pomeriggio di ieri sono andate a trovarlo, non hanno molta voglia di parlare. «Come vuole che stia? Sta male», hanno potuto dire. Anche chi nel quartiere conosce Busco, non riesce a credere a una sua possibile colpevolezza e quindi a un legame con il delitto di via Poma. «Se realmente avesse ucciso quella ragazza, con quale coraggio sarebbe riuscito a rifarsi una vita, sposarsi e avere dei figli? – si domanda un vicino di casa - Io non ci credo che è stato lui. Certo, se fossi un familiare di quella ragazza, andrei a cercare il suo assassino ovunque. Anche sotto terra». «Lo conosco da quando era piccolo – aggiunge un altro vicino di casa - Non può essere stato lui». C'è anche chi nella zona non lo conosce affatto. «Non so chi sia», dice il barista che lavora in una traversa di vicolo Anagnino. Il prete della parrocchia Sant'Andrea Apostolo, Don Nunzio Liberti, invece, non lo conosce personalmente. Ma è stata la madre di Busco a parlargli di lui. «Non l'ho mai incontrato. Neanche quando sono andato a benedire casa sua. E la sua famiglia non frequenta la parrocchia. Conosco però la madre e mi ha assicurato più volte che suo figlio è innocente». Tra coloro che nel quartiere gridano alla sua innocenza, c'è anche la fornaia, che ha la bottega a pochi passi da casa di Busco. «Lo conosco da quando è piccolo – ha detto - è sempre stata una persona buona e riservata. Ora si trova in mezzo a questo casino. Siamo andati a manifestare a piazzale Clodio per la sua innocenza e continueremo a farlo. Anche noi vogliamo sapere chi è stato a uccidere quella povera ragazza. Ma di certo non è stato lui». «Siamo talmente pochi ad abitare qui, che non possiamo non conoscerlo - aggiunge un'altra vicina di casa - Raniero è una persona buona e noi crediamo che non sia stato lui».

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