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La libertà dei figli non cresce sui divieti

Crocifisso nelle aule scolastiche

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La sentenza che obbliga a staccare il crocifisso, dalle aule pubbliche, resterà nella storia del diritto, perché dimostra come si possa applicare un principio giusto ottenendo una sentenza sbagliata, e pericolosa. Non ho il dono della fede. Sono convinto che lo Stato laico, casa comune per uomini con fedi e idee diverse, sia la più grande conquista della cultura occidentale. Ho anche dedicato un libro all'importante lavoro della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che non ha nulla a che vedere con l'Unione Europea, e svolge un ruolo importante condannando, giustamente e reiteratamente, la nostra malagiustizia. Quindi: viva la laicità dello Stato, viva la Corte, abbasso la sentenza. Il crocifisso è certamente un simbolo religioso, destinato a ricordare il sacrificio di un uomo che, per i credenti, è divino. Segna una rottura con l'ebraismo, perché l'avvento del Cristo chiude la vecchia alleanza e apre la nuova. In passato è stato anche simbolo di guerre. La cultura occidentale, però, ha saputo imparare dai propri errori. La fede, ovviamente, influenza l'azione politica. Un cattolico è contrario sia al divorzio sia all'aborto. Ma noi abbiamo leggi che regolano entrambe le cose. La laicità, insomma, abbiamo imparato a praticarla. Lo Stato laico, però, non è lo Stato ateo. Il secondo nega la fede, il primo nega che possa essere imposta. Nello Stato laico non si stabilisce una fede per nascita, ma si difende il diritto alla fede e a praticarne i riti. Purché compatibili con la legge. Il crocifisso, da noi, non è un obbligo di legge. Capisco il lettore che ha scritto: siamo noi cattolici, che dovremmo staccarlo. Non assecondo la secolarizzazione della società tutta, ma indico come modello (sebbene negativo) il fondamentalismo islamico. È come se dicessi: i veri fedeli sono i fondamentalisti, che sono intolleranti ed escludenti, quindi non vogliamo i loro simboli. Ma, da noi, quella roba non esiste, e si rischia di crearla. La Corte Europea ha eccepito che la presenza del crocifisso toglie ai genitori il diritto di educare la prole alla propria religione. Concetto illogico e, al tempo stesso, pericoloso. Siamo tutti, ovunque, circondati da simboli religiosi. Siamo, per ciò stesso, coartati nella nostra volontà? E i genitori hanno diritto di educare i figli a quel che pare a loro, razzismo e martirio compresi? La cosa paradossale è che, per affermare una presunta libertà, si difenda una specie di "proprietà" parentale. Che, grazie al cielo, ci sarà ancora in talune tribù. Ho visto con sospetto, infine, la reazione di quasi tutto il mondo politico. A parte la deplorevole e ricorrente ignoranza su quale sia l'Europa di cui stiamo parlando, mi è parso che un po' tutti abbiano strizzato l'occhio alle gerarchie cattoliche, come a dire: ci pensiamo noi a difendervi. Ma quello che va difeso è, invece, lo Stato laico, quindi il diritto alla fede che non sia diritto all'imposizione. Meglio tenerci il nostro equilibrio, aiutando gli studenti a capire i simboli dell'architettura nella quale sono immersi, la storia della cultura che, si spera, sapranno evolvere, e, già che ci siamo, anche l'indirizzo della loro casa, scuola o discoteca. San Benedetto, insomma, non è un'acqua minerale. Pretendere di laicizzare con le sentenze, invece, non solo rischia di riconfessionalizzare molti, ma è un assai poco laico modo di procedere.  

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