Anche il Molise scarica Di Pietro
AldoCiaramella CAMPOBASSO Dal Molise alla Calabria, il processo di chi entra e chi esce dall'Italia dei valori, è iniziato procurando in qualche caso uno svuotamento della «casa» politica di Antonio Di Pietro. Ieri altro terremoto a Campobasso, base e sede operativa dove l'ex pm ha raccolto un grosso consenso alle ultime Politiche e Amministrative grazie ad un gruppo di candidati che, soprattutto nel Comune capoluogo (5 eletti), sono riusciti per la prima volta a costituire una forza abbastanza influente sebbene all'opposizione. Un successo evidentemente non sufficiente a fermare la fuga del senatore Giuseppe Astore (passerà al gruppo Misto), del candidato sindaco alle passate Comunali Massimo Romano, dei cinque consiglieri in forza all'assise consiliare di Campobasso e di un folto gruppo di dirigenti di partito. Tutt'insieme lasciano Tonino per «accasarsi» in un'associazione civica democratica e aperta, all'interno del centrosinistra. Ma a fare notizia, ancora prima della «fuga», è il malumore che gli ormai ex esponenti dell'Idv covano nei confronti di Di Pietro. L'accusa è quella di aver permesso l'arrivo nel partito, gestendo l'operazione «in prima persona», di molti amministratori locali giunti dal Pd. Scelta che ha generato una scissione profonda commentata con toni aspri e duri soprattutto dal senatore Astore uno dei più fedeli collaboratori dell'ex pm: «L'aver accolto personaggi che hanno avversato l'Italia dei Valori da sempre, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Per non parlare della gestione del partito. Sono stato da solo a guidare Italia dei valori fino a pochi mesi addietro a pane e formaggio senza sentire ed essere consultato da alcuno mentre le decisioni si prendevano in altre sedi e con diverse persone. Siamo delusi per l'assenza di regole e di rispetto per gli altri». «Nel partito, poi - aggiunge -, c'è una sorta di doppio binario nelle scelte. Da una parte si invocava il rispetto dei principi mentre dall'altro si ricercava ogni volta motivazioni ed argomenti per aggirarli. È accaduto a livello regionale nella scelta di candidati locali e a livello nazionale dove lo spostamento all'estrema sinistra ha condannato l'Italia dei valori all'isolamento». I «contestatori» stigmatizzano anche l'assenza di un progetto che poi venga tramutato in una piattaforma politica e di forza ben organizzata. Ma Di Pietro non sembra affatto toccato dalle accuse visto che, racconta il consigliere regionale Romano, la sua reazione sarebbe stata «una risata», «che dimostra tra l'altro che al di là di una divergenza politica c'è anche probabilmente un profilo umano da riconsiderare». Ma il Molise non è l'unica spina di Tonino. Anche in Calabria la «fronda» anti-Di Pietro continua a crescere. Al punto che ieri, il leader dell'Idv sul proprio blog, ha preso di petto uno dei suoi contestatori (l'onorevole Aurelio Misiti) è ha lanciato il suo diktat: «Chi non rispetta il Programma, se ne vada». Riferimento al fatto che il deputato calabrese si era detto contrario alla linea dell'Idv sulla costruzione del Ponte sullo Stretto. Il tutto mentre Micromega rilancia la sua campagna sulla trasparenza all'interno dell'Italia dei Valori rivolgendo «Dieci domande al partito di Di Pietro». Si spazia dalla questione morale, compreso i problemi interni al partito, ad alcuni atteggiamenti tenuti quando l'Idv è stato al Governo, come quelli sulle mattanze a Bolzaneto e alla Scuola Diaz su alcuni passaggi di garantismo con la domanda finale su «cosa farà quando scomparirà Berlusconi. Non è un partito che paradossalmente per prosperare ha bisogno del nemico?»