Pierluigi Bersani è ufficialmente segretario del Partito Democratico.
Inutilegirarci attorno, o credere che questo sia un dettaglio per maniaci, perché si tratta di una storia non digerita, che regolarmente è tornata e tornerà a gola. In tutta l'Europa democratica, la sinistra di governo è sempre stata antitotalitaria, quindi antifascista tanto quanto anticomunista. Noi siamo l'unico Paese occidentale ad avere avuto una sinistra dove predominavano i comunisti, e l'unico in cui hanno governato dei comunisti che sono divenuti ex senza essere passati dall'essere anti. Nel primo discorso che Bersani ha fatto, davanti a quelli che lo avevano appena eletto, ci sono concetti importanti e preziosi. A cominciare dal riconoscimento dell'urgente necessità delle riforme istituzionali, come anche della giustizia. Non è affatto poco, anche se ha voluto condire queste aperture con un rifiuto, anche semantico, del “dialogo” che sembra, in questo momento, più uno sberleffo al Presidente della Repubblica che la replica ad un'offerta politica, che non gli è mai stata fatta. Quelle parole, però, per avere senso politico, devono accompagnarsi a condotte coerenti. Ad esempio: non si capisce se l'alleanza con Antonio Di Pietro è confermata o sciolta, nel primo caso è semplicemente inutile credere che la sinistra possa essere utile ad una qualche riforma sana della giustizia. Altro esempio: dice che le riforme devono partire dal mondo del lavoro (da qualche parte devono pur partire, non è questo il punto), ma ricorda di avere avviato contatti anche con Rifondazione Comunista. Allora, che razza di riforme ha in mente? Perché l'ultima volta che si è trovato al governo con quei compagni, proprio lui personalmente, non solo come partito, sono stati cancellati gli scaloni pensionistici, arrecando un danno ai giovani, facendola pagare ai precari, irrigidendo il mercato del lavoro ed aggravando il problema delle pensioni. Se è questo che vuol continuare a fare, basta dirlo, così ciascuno si regola come crede. Invece, credo che Bersani abbia in testa di meglio. Ma non riuscirà a farlo, e neanche a dirlo, se prima non si metterà nelle condizioni d'essere veramente, e non solo a chiacchiere, un'alternativa di governo. Per riuscirci deve chiarire che il collante della sinistra non è l'antiberlusconismo, ma un programma in positivo (spiegando quale), e deve aggiungere che le sue radici non sono nel passato comunista, suo e di quelli che gli hanno fatto vincere le primarie, perché quella è esattamente la ragione per cui la maggioranza degli italiani non ha mai (dicasi mai) dato fiducia alla sinistra. Si tratta, insomma, non di una questione da risolversi in un convegno di storici, ma nella carne viva della politica. Restiamo in fiduciosa attesa di parole, a tal proposito, inequivocabili. www.davidegiacalone.it