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Luca Cardinalini POMEZIA Gioca in casa, Renata Polverini.

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L'eccessodi zelo, colpa anche della televisione, tradisce un delegato, che al microfono si spericola: «Fino ad oggi l'avevo vista e sentita solo dagli schermi, dal vivo l'ho trovata più accattivante, più stimolante e convincente che mai». L'ex impiegata della Cisnal, che i manifesti definiscono nientemeno come «special guest» della seconda conferenza programmatica, sorride e riconosce che ne ha fatta di strada, ma che molta parte di quel tragitto, l'ha fatto insieme a quasi tutti i presenti in platea: «Stiamo dalla stessa parte». Parlano la stessa lingua e così lei batte su tasti sicuri, il lavoro («Va ridata dignità a chi si sporca le mani»), la famiglia («È il più grande ammortizzatore sociale, ma viene ignorato»), il ruolo del pubblico («Quando sento che c'è chi vuol privatizzare l'acqua mi chiedo cosa sia lo Stato per questi signori»), la sanità («La vera emigrazione in Italia è quella dal Sud al Nord, per potersi curare»). Quando ricorda «la nostra comune storia che ci portiamo dietro», ha già incassato il dovuto. Dovesse correre per la poltrona di governatore del Lazio, l'appoggio di Storace (che si è già espresso a favore della discesa in campo della sindacalista) e dei suoi, non dovrebbe mancare. Resta appunto da scendere in campo, da fare quel salto in politica, finora sempre rinviato. Solo tre mesi fa, la sfida Marrazzo-Polverini era cosa fatta. Anche il calendario sembrava congiurare, visto che nel marzo prossimo arriva in scadenza il quadriennio alla segreteria dell'Ugl, in perfetta concomitanza con le elezioni regionali. Dire che lo scenario è cambiato, è superfluo. Out sicuramente il primo sfidante, anche la seconda non corre più da sola. I pericoli, paradossalmente, arrivano da... fuori regione. L'ultimo «intoppo» nientemeno che da Bruxelles. In soldoni: l'eventuale nomina di D'Alema a ministro degli esteri europeo, significherebbe il riposizionamento di Antonio Tajani, e il Lazio non lo vedrebbe male. E poi bisognerà vedere su quali candidati puntare in Veneto e soprattutto in Campania. Il possibile coinvolgimento del candidato in pectore, il sottosegretario Nicola Cosentino, trova l'opposizione netta dell'area legata a Fini e all'ex An, sulla trincea di legalità e giustizia. La Polverini sembra aver capito, come ha ripetuto in modo schietto anche a Storace e i suoi: «Come faccio a dire ad un imprenditore del Sud di rischiare il suo capitale? Lui rischia la vita, bisogna dirlo chiaramente che ci sono tre o quattro regioni in mano alla criminalità organizzata». Applausi scroscianti. L'impressione è che la questione «giustizia» diventi dirimente su più fronti. L'onda del caso Marrazzo, facendo aumentare le possibilità di una rivincita del centrodestra, ha di fatto moltiplicato anche il numero dei pretendenti. Tajani è l'ultimo di una serie che comprende l'imprenditrice Luisa Todini (ben vista dagli ex forza italioti), Francesco Giro (idem), Andrea Augello (sponsorizzato dal sindaco Alemanno). Nell'incertezza la Polverini ha fatto un fioretto: restare muta, pubblicamente. Sottotraccia invece da tempo tesse la sua fitta rete di rapporti. A fine estate girava la notizia di un accordo praticamente raggiunto con l'Udc, che prevedeva la presidenza del consiglio regionale ad un uomo di Casini. Giorni fa ha incontrato Alemanno, nella sede della fondazione Nuova Italia, ha incassato il sostegno di Fini e della fondazione Farefuturo, le lodi di Berlusconi che ha definito la sua candidatura «eccellente». Apprezzamenti che arrivano perfino dal centrosinistra che le riconosce, all'unanimità, i meriti conquistati sul campo con il suo sindacato, ex Cisnal, che ha traghettato dalla marginalità nella Prima Repubblica fino al riconoscimento attuale come quarta confederazione. E lei ricambia citando Stefano Benni per difendere, sul Secolo, i prodotti e i valori «fatti in Italia», o esaltando il genio illuminato di Adriano Olivetti davanti alla platea di Pomezia. Troppi complimenti, per non cominciare a preoccuparsi.

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