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Ilcondizionale è d'obbligo perché non si tratta di una scelta indolore. Un deputato bersaniano, dietro promessa di anonimato, la commenta così: «Non abbiamo fatto cinque mesi di congresso per ritrovarci Dario al posto dove stava nel 2006». I malumori sono trasversali. Nella maggioranza del Pd brontolano lettiani, bindiani e dalemiani doc. Nella minoranza fa fuoco e fiamme la componente che fa a capo a Giuseppe Fioroni (anche lui puntava al posto di capogruppo). Ma quella trovata da Pier Luigi Bersani sarebbe l'unica soluzione possibile. Una sorta di «male minore» con cui tutti dovranno fare i conti. Anche perché, fanno notare a Sant'Andrea delle Fratte, se alla Camera bersaniani e franceschiniani si equivalgono, al Senato questi ultimi sono in maggioranza. Non tenere fede al patto significa, in qualche modo, bruciare il capogruppo di Palazzo Madama che spetta alla maggioranza (quasi certa la riconferma di Anna Finocchiaro) In ogni caso il segretario avrebbe già sottoscritto l'intesa durante il pranzo di ieri con Franceschini. Un incontro da cui l'ex leader del Pd è uscito pienamente soddisfatto. «Ho spiegato a Bersani - ha detto ai suoi - che con la mia elezione a capogruppo il problema non è risolto. Serve una vera gestione collegiale. E lui mi ha assicurato che sarà così». Che tradotto vuole dire: posizioni di responsabilità per i big della minoranza. L'ipotesi su cui si sta lavorando è una segreteria di giovani provenienti dalla maggioranza mentre i dipartimenti dovrebbero essere affidati a personalità che abbiano competenze specifiche. Così ecco rispuntare i nomi di Piero Fassino per gli Esteri, di Fioroni per la scuola, di Paolo Gentiloni per le Comunicazioni, di Ignazio Marino per la Salute. Piuttosto noto dovrebbe essere anche il nome del responsabile organizzazione che, a meno di sorprese, sarà Maurizio Migliavacca (ricopriva lo stesso ruolo nei Ds e nel Pd di Franceschini). Ruolo soft, invece, per il coordinatore della mozione Bersani Filippo Penati che è in pole position come candidato alle comunali di Milano del 2011. Mentre Gianni Cuperlo (altra vecchia conoscenza Ds) potebbe occuparsi delle attività culturali del Pd. Ancora da chiarire i ruoli di Nicola Latorre (ma sarà della partita) e del governatore uscente dell'Emilia Romagna Vasco Errani che, però, dovrebbe essere ricandidato. E i giovani? I nomi più quotati sono quelli di Nico Stumpo (un passato nel Pci), Andrea Orlando (già portavoce del Pd veltroniano confermato da Franceschini), Stefano Fassina (economista e direttore scientifico di Nens, associazione fondata da Bersani e Visco) e Matteo Orfini (braccio destro di Massimo D'Alema). Ma circolano anche quelli del governatore uscente della Toscana Claudio Martini (cui potrebbe essere affidato il rapporto con gli enti locali), di Enzo Amendola (scoperto da Fassino ma coordinatore della dalemiana Red in Campania), dei lettiani Francesco Boccia e Guglielmo Vaccaro, di Antonio Misiani (altro prodotto di Nens), della toscana Silvia Velo. Intanto sabato l'assemblea nazionale eleggerà il tesoriere (si fa il nome del bersaniano doc e consigliere regionale emiliano Miro Fiammenghi) e il presidente. La più quotata resta Rosy Bindi, ma Bersani vorrebbe affiancarle due vicepresidenti. Giusto per non scontentare qualcuno. Nic. Imb.

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