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La Marrazzo story intrappola il Pd

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Piero Marrazzo

Sfuma l'intesa con l'Udc. Manca ancora un candidato per le elezioni di marzo

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Non è tanto la mancanza di un candidato per le prossime Regionali, quanto l'assenza di una guida per uscire dal tunnel in cui l'ex presidente del Lazio ha infilato Pd e alleati. Sono passati dieci giorni dallo scandalo a luci rosse e dalle dimissioni del governatore Marrazzo: il centrosinistra brancola nel buio. Dopo quindici anni di successi politici, ora mancano punti di riferimento. Francesco Rutelli è impegnato a vincere la sua scommessa centrista, Walter Veltroni si è allontanato dalla scena romana già da tempo, Goffredo Bettini (vero deus ex machina del centrosinistra laziale) s'è preso un anno sabbatico ed è partito per l'Europa. Andrà anche in clinica per dimagrire. Tornerà a Roma a fine febbraio, per un paio di settimane. Non c'è nemmeno il segretario regionale del Pd. Il bersaniano Alessandro Mazzoli ha preso la maggioranza dei voti ma non ha superato il 50 per cento, il franceschiniano Roberto Morassut lo tallona. Deciderà l'assemblea laziale. Ecco dunque il problema più grande del centrosinistra: in questa partita difficile non c'è nessuno che tiene il banco, che decide il da farsi. Non lo dicono pubblicamente ma i partiti navigano nell'incertezza: «Come andrà a finire? Non c'è alcuna strategia possibile - precisano dal Pd - Il rischio è che alla fine candideremo quello che ci fa perdere meglio». Anche perché di Udc non se ne parla quasi più. Da quando il leader della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, si è ritirato dalla corsa. Piuttosto la convinzione prevalente è che i centristi si presenteranno da soli. Qualche esponente del partito sussurra che potrebbero allearsi con il Pdl. Fino a due settimane fa l'accordo con Marrazzo era dato per certo. Ma sembra passato un secolo. L'ultimo tassello politico riguarda il candidato. Che non c'è. David Sassoli è l'unico che s'è detto disponibile (più per filosofia che per calcolo politico) «ma come si fa a candidare ancora un giornalista della Rai? Ci manca soltanto questo», commentano dal partito. Poi ci sono quelli che non ci pensano proprio a fare una campagna elettorale per perdere: Enrico Gasbarra (che piacerebbe ai moderati), Rosy Bindi (la vorrebbero quelli di sinistra), Silvia Costa (ci puntano i cattolici non senza perplessità), Emma Bonino (ma i radicali rientrano ancora nell'orbita Pd?), Giovanna Melandri (non si sa nemmeno chi abbia ipotizzato il suo impegno), Andrea Mondello (l'ha lanciato Bettini ma lui ha smentito). «Sono tutte candidature a perdere», sintetizzano gli esponenti del Pd. Ce ne sarebbe uno, buono per voltare pagina: Nicola Zingaretti. Ma il fatto che sia presidente della Provincia di Roma non è un dettaglio: «Chi ha votato Nicola Zingarelli - dice lui stesso - deve sapere di aver votato una persona seria che mantiene i suoi impegni. Io resto qui». E se il Pd è in questo stato, il resto della coalizione sta pure peggio. Non è un caso che ad oggi l'unico candidato pronto per le primarie sia l'esponente di Sinistra e Libertà Luigi Nieri. L'Idv non ci ha nemmeno pensato a presentare qualcuno. Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani sono sull'Aventino. Il punto è anche un altro. Dopo la solidarietà a Marrazzo, ora tra i politici del Lazio si fa strada il risentimento nei confronti dell'ex governatore. «Perché non si è tirato fuori?». Questa è la domanda che si pongono gli esponenti regionali. «Marrazzo sapeva dai primi di luglio di questa situazione, perché ha continuato a dire "mi candido lo stesso, anche se il Pd non volesse puntare su di me"?». Cioé: perché il governatore ha trascinato in questa storia l'intera coalizione? «Non poteva fare un passo indietro? Levarsi di mezzo senza trascinarci in questo pozzo senza fondo?». Sì, perché questa brutta storia ha rimescolato le carte e innescato la corsa al «si salvi chi può».

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