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Marrazzo, il militare denunciato: "Non so nulla del video"

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Piero Marrazzo

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Fino ad oggi tutti i «protagonisti» della vicenda che ha coinvolto quattro carabinieri e l'ex presidente della Regione Marrazzo hanno rilasciato dichiarazioni contrastanti. In alcuni casi respingendo le accuse, in altri raccontando quello che sapevano e che invece avevano sentito dire. Da ieri, invece, alcuni «protagonisti» dell'affaire Marrazzo, hanno cambiato «strategia»: da una parte hanno negato di essere mai venuti a conoscenza dei fatti contestati dalla procura di Roma, dall'altra invece chi ha rilasciato dichiarazioni sul presunto giro di droga e transessuali non ha dato riferimenti rilevanti per l'inchiesta. Ieri, infatti, tre dei quattro militari chiusi in cella (Nicola Testini, Luciano Simeone e Carlo Tagliente) accusati, a seconda delle posizioni processuali, di estorsione, rapina, violazione di domicilio, interferenza illecita nella vita privata e violazione della legge sugli stupefacenti, hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti ai pm che li hanno incontrati in carcere. Dall'altra parte, ci sono le parole di un altro transessuale, Jennifer, che era in compagnia del pusher la sera che è morto in un albergo sulla via Salaria. Gli inquirenti lo hanno ascoltato per tentare di capire se era o meno a conoscenza di particolari sulla vicenda che ha coinvolto Marrazzo. Ma il trans, avrebbe soltanto parlato di quei momenti in cui è deceduto Gianguarino Cafasso, la persona indicata dai militari arrestati come l'uomo che ha girato il video che ritrae l'ex governatore del Lazio in via Gradoli 96. Tra i «protagonisti» che invece hanno negato le accuse avanzate dalla procura di Roma, c'è anche il carabiniere Donato D'Autilia, che davanti ai pm ha negato qualsiasi responsabilità. «Non so nulla di questa vicenda, né del video, non ho una casa nei pressi della Cassia e dal 2006 non frequento più i miei comminitoni». D'Autilia è stato accusato di aver messo a disposizone una casa per la compravendita del video «incriminato». In passato è stato arrestato, e poi messo ai domiciliari, per una vicenda di pedofilia: secondo il suo avvocato la posizione del suo cliente va verso l'archiviazione. «Anche perché - sostiene il penalista - alcuni indicavano una persona con un tatuaggio verde sulla gamba, ma lui non ne ha nessuno». Per il transessuale Jennifer, senza permesso di soggiorno come un altro trans coinvolto nella vicenda, Natalie, gli inquirenti non hanno chiesto al Viminale che gli venga attribuita la patente di testimone di giustizia. Condizione, questa, che gli avrebbe permesso di restare in Italia, dove invece non potrà rimanere all'esito dell'udienza per direttissima che si è tenuta nei suoi confronti proprio in relazione al suo stato di clandestinità. Oggi, intanto, i militari arrestati si dovranno presentare davanti ai giudici del Riesame, ai quali hanno chiesto di essere scarcerati, attraverso i rispettivi avvocati.  

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