Insulti alle forze armate nel nome di Diana Blefari

Il caso Blefari ha riacceso l'odio verso le divise. E vista la concomitanza con la Festa delle forze armate ecco che la cosiddetta Area antagonista coglie l'occasione per gettare fango sui militari. «4 novembre, Festa delle Forze armate. Grazie ragazzi». Si apre con questa scritta di ringraziamento ironico alle Forze armate in una pagina del sito internet legato agli antagonisti, www.informa-azione.info. Nella pagina un elenco di nomi di persone la cui morte viene dal sito attribuita alle forze dell'ordine: dai recenti casi di Stefano Cucchi e Diana Blefari Melazzi (uccisa dalla «Giustizia»), per passare a Carlo Giuliani, Gabriele Sandri, Marcello Lonzi, Edoardo Massari, Maria Soledad Rosa, Renato Biagetti, Manuel Eliantonio, fino a risalire a Giuseppe Pinelli. Appaiono pure alcune immagini di manifestanti insanguinati e poliziotti e carabinieri armati di manganello, ma anche la foto di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto a Ferrara nel 2005 per le percosse di quattro agenti, condannati in primo grado lo scorso luglio. «Ed un grazie in particolare - è la scritta che chiude la pagina - da Manuel, Renato, Carlo, Edo, Sole, Marcello, Gabriele, Stefano, Diana e non ultimo, Pinelli». L'offesa ai nostri militari prosegue con alcuni manifesti distribuiti a Napoli dove sotto la foto di un reparto di paracadutisti ci sono una serie di insulti come «assassini», «volgari ladri». Continuano le manifestazioni di solidarietà per Diana Blefari Melazzi: tutte ovviamente in chiave anti Stato. «Molti media stanno parlando del suicidio della combattente comunista Diana Blefari Melazzi. Descrivono l'orario e le modalità. Cosa l'abbia uccisa è evidente e non si chiama nè meccanicamente lenzuolo, nè patologia psichica. Si chiama Giustizia, ergastolo, sbarre, isolamento, due ore d'aria e due di socialità al giorno, un'ora al mese con la famiglia, attraverso un vetro. Altrove si chiama carcere di tipo F, in Italia 41bis. Ogni morte in carcere è un omicidio di Stato», così gli anarchici parlano della tragica vicenda della brigatista. «Lenzuolo di stato» sta diventando uno slogan che serpeggia nei movimenti e dà nuova linfa a quei gruppi borderline che negli ultimi tempi non riuscivano più a mobilitare le masse. Le preoccupazioni negli ambienti istituzionali aumentano. Dopo le scritte contro i parà massacrati dai terroristi in Afghanistan ecco i manifesti e l'incitamento all'odio: il rischio di una recrudescenza di atti violenti è quindi in agguato. Non fosse per emulazione di quanto accade in questi giorni in Grecia. La tragedia personale di Diana Blefari Melazzi è sfruttata per trovare una giustificazione all'ideologia della sovversione.