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Gli ideologi di un tribunalicchio che ancora Gli sputano in viso

La Cei contro la sentenza del Tar che boccia l'ora di religione a scuola

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Ma sì, togliamolo di mezzo Cristo. Diamo ragione a quesi palloni gonfiati della Corte che per prima cosa nel dover sentenziare di queste materie colpiscono ancora Lui, il più debole, il più villaneggiato, il più sputacchiato e martoriato tra le divinità (e tra gli uomini). Diamo ragione a quel giudice italiano che colà siede rimpinzato dal pubblico stipendio, mister Z, propagatore di cinismo intellettuale superpagato, e togliamolo di mezzo Cristo. Dà fastidio. Ha sempre dato fastidio. E per carità, sì per la carità che faceva bruciare Paolo, per la carità d'amare Lui, non difendiamolo come se fosse un soprammobile caro, un ricordo della zia, un cimelio di Stato.   Come se fosse più o meno come il ritratto di Napolitano. Caviamolo, il crocefisso. Estirpiamolo ancora dalle nostre mura, da davanti ai nostri occhi. È scandaloso, fa impressione. È diseducativo. Un dio che non sta al suo posto, che sarebbe in cielo e così sia, un dio che viene a morire come un cane per amore degli uomini, di me, del mio sacco di difetti o peccati o impotenze d'amare o per amore dei miei desideri, sì, da scandalo. L'ha sempre dato agli scribi e farisei di un tribunalicchio di provincia come era a Gerusalemme duemila anni fa, figurati se non fa lo stesso con 'sti soloni togati e pagati della Corte dei Diritti dell'Uomo (uh quante maiuscole!) del fantasma chiamato Europa. Caviamo lo scandalo d'esser Paese cristiano - con poca, tanta fede, o fede così così - Paese segnato dall'aver abbracciato la croce, d'aver pianto con Lui per ogni nostro dolore e gioito con Lui per ogni nostra resurrezione. Caviamo questo scandalo italiano da davanti agli occhiali di tartaruga e d'oro dei signori giurati europei, dei nuovi Caifa e Anna, dei nuovi nulla seduti sui loro ben pagati scranni. Per difendere i diritti, dicono. Certo, i diritti di chi gli pare a loro. Mica di quelli che magari senza crocefisso non voglion vivere. Che i diritti non sono mica uguali, lo san bene i signori furbi della Corte. Per difendere uno cosa importa se si offendono in milioni? Loro, mandati lì da nessuna elezione ma dall'amicizia con questo o quel potentùcolo di turno, decidono. Sulla base dell'astrazione, non del diritto. Perché certo nel loro diritto non pesa niente il fatto secolare di una storia, di una cultura, di riti, di linguaggi. No, conta solo l'astrazione dell'individuo da opporre o anteporre ad altri individui. saranno soddisfatti mister Z e i suoi eleganti colleghi. Hanno sferrato un bello sputo in viso ancora a Lui, che da sempre li fa arrabbiare. Gli hanno ricordato che da fastidio. E allora dico sì, leviamolo. Cominciamo di nuovo a segnarlo a graffiarlo sui muri il crocefisso, a disegnarlo in forma di pesce, di altro perché non lo riconoscano gli occhialuti signori della corte. Io, cristiano, dico leviamolo il crocefisso. Facciamo come fece Cristo di fronte al Sinedrio. Non rispose, non stette a perder tempo con chi voleva già condannarlo. Si fece levare di torno, per splendere sanguinante e bellissimo d'amore per sempre davanti agli occhi di tutti. I giudici si illuderanno di aver salvato la convivenza, che invece di fronte al nulla che stanno creando finirà per strappare via rabbiosamente tutti i simboli, tutti i parlamenti, tutte le corti e tutte le loro stesse panciute sicurezze di diritto. Lasciamo che mister Z dorma il suo sonno beato di ideologo travestito da giudice vincitore. Il suo sonno della ragione.  

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