Giustizia, il tempo è scaduto
... i grandi scontri politici hanno partorito solo sorcetti asfittici, spesso inefficaci anche rispetto ai pur limitati obiettivi; l’uso politico delle questioni giudiziarie ha fatto scendere la fiducia degli italiani; e, infine, il litigioso immobilismo bipolare ha fatto crescere l’autoreferenzialità di una magistratura che si pensa sempre meno come ordine (così imporrebbe la Costituzione) e sempre più come potere. Poi ci sono molte incertezze, fra le quali un continuamente invocato dialogo, sia istituzionale sia politico, assai poco praticato in ambedue gli ambiti. C’è speranza di uscirne? Se non ne usciamo, c’è poca speranza per la giustizia, quindi siamo costretti a sperare il contrario. Angelino Alfano, ministro competente, afferma di essere pronto a dialogare con l’opposizione, mentre Pierluigi Bersani, da poco segretario del Pd, sostiene che il confronto deve avvenire in Parlamento. Siamo, insomma, sul terreno dell’ovvio. A muoversi, intanto, è Luciano Violante, che ben conosce i guasti e le insidie del giustizialismo, avendo contribuito a fomentarlo. Quel che serve è una riforma profonda, non un pannicello caldo. Il governo prenda l’iniziativa, che, altrimenti, il tempo passa inutilmente. Ridisegni un mondo che casca a pezzi. Se ci sarà collaborazione e confronto, meglio. In caso contrario tiri dritto, essendo altrimenti responsabile del fallimento.