Berlusconi apre a Bersani "Ma smettano di insultare"
Il terreno è sempre uno: la Giustizia. È il campo in cui si continua a giocare la partita più delicata tra maggioranza e opposizione. Il governo vuole portare a termine la riforma e anche in tempi brevi. Il premier lo ha ripetuto in tutte le salse, e di certo andrà avanti su questa strada senza alcun ripensamento. Certo, sarebbe meglio se il Pd collaborasse, se si arrivasse davvero ad una riforma condivisa. «Magari ci fosse», ammette Berlusconi. Ma, spiegano da ambienti della maggioranza, «non ci illudiamo». Si capisce allora perché il ministro competente Angelino Alfano abbia messo più volte in chiaro che la riforma della Giustizia si farà, opposizione volente o nolente. La matassa, così, si ingarbuglia sempre di più: da una parte la maggioranza che spinge per portare avanti velocemente la riforma e chiama il Pd, dopo l'elezione di Bersani a segretario, alla collaborazione. Dall'altra, l'opposizione chiede che il dibattito sia in Parlamento e non in altre sedi e che le riforme siano nel nome dei cittadini. Nel mezzo, zona grigia, ci sono le voci sui presunti tentativi di inserire in norme già all'esame del Parlamento codici e leggine che possano "agevolare" Berlusconi nei prossimi processi, primo fra tutti quello Mills. Dopo i tanti segnali lanciati - nell'ultima settimana - da esponenti del governo a Bersani, invitandolo (quasi a volerlo mettere alla prova) a collaborare sul tema delle riforme, ora a lanciare al neosegretario il guanto di sfida è direttamente il premier. «Nessuno più di me è predisposto al dialogo - racconta a Bruno Vespa il Cavaliere, nella lunga intervista per il libro "Donne di Cuore" -. Ma per dialogare è necessario essere in due, e soprattutto avere rispetto dell'avversario, non insultarlo e demonizzarlo come il Pd di Franceschini e di Veltroni ha fatto ogni giorno, e spesso più volte al giorno, contro la mia persona». In sostanza, il Cavaliere fa sapere di essere disposto ad alcune concessioni se Bersani accetterà di trattare seriamente e di non fare ostruzionismo: il governo potrebbe rinunciare in alcuni casi alla fiducia e alla decretazione d'urgenza. Ma in realtà gli spiragli sono molto più stretti di quanto possa apparire. In attesa di capire se e come possa aprirsi una stagione di riformismo bipartisan, Berlusconi ribadisce anche che il voto anticipato sarebbe l'epilogo certo di un ipotetico cambio di maggioranza. «Se mai dovesse verificarsi un cambiamento di maggioranza, ma è un'ipotesi che non esiste - ripete per l'ennesima volta - tengo a dirlo chiaro: sarebbe inevitabile il ricorso ad elezioni anticipate». Le urne tuttavia, per il Cavaliere, non sono in vista. Tornando alla partita Giustizia, secondo diversi rumors di Palazzo il legale del premier Niccolò Ghedini potrebbe presentare a breve al Senato un ddl che contiene la cosiddetta prescrizione breve, che dovrebbe avere un iter lampo ed essere così approvato in meno di un mese. Nulla di confermato certo, però una contromossa dall'avvocato è praticamente nell'aria da giorni. Berlusconi tornerà oggi nella Capitale dopo la convalescenza ad Arcore a causa della scarlattina. Dieci giorni in cui il premier, raccontano i fedelissimi, si è preso più di qualche arrabbiatura. Ancora le pagine dei giornali, ancora la stampa che rema contro il lavoro del governo, «diffamando la mia persona». Il Cavaliere fa sapere che non rinuncerà alle azioni contro La Repubblica e L'Unità. «Ho il dovere di tutelare non la mia persona, ma l'istituzione che rappresento e che mi è stata assegnata dal voto di milioni di italiani». - tiene il punto il premier -. Insultando me, si insultano tutti loro, si insulta il loro voto, la loro volontà, la loro dignità».