«Anche le toghe vogliono dialogare»
Dialogaresi può, anche con la magistratura. Ne è convinto Cosimo Maria Ferri, membro del Csm ed esponente di Magistratura indipendente (corrente moderata delle toghe) che raccoglie l'appello di Silvio Berlusconi e commenta: «Ho letto il forum che Il Tempo ha fatto giorni fa con il collega Palamara. Mi sembra abbia espresso concetti e preoccupazioni reali rispetto alle quali i magistrati da sempre si stanno confrontando al loro interno e nel rapporto con gli altri poteri dello Stato. Tra le altre cose ho colto come importante l'accento che egli ha posto sulla disponibilità e sulla volontà di contribuire a realizzare le improcrastinabili riforme di cui la Giustizia ha bisogno». Forse però, prima di dialogare, l'Anm dovrebbe fare autocritica. «Io credo che occorra abbandonare le posizioni di reciproco arroccamento che troppo spesso hanno caratterizzato il confronto tra politica e Anm». Nel frattempo le toghe si preparano a forme di protesta. Non le sembra un controsenso? «Per certi versi lo è. La stragrande maggioranza dei magistrati non avverte il bisogno di utilizzare queste forme di protesta per portare avanti le ragioni della propria categoria sente, invece, come necessario, aprire una fase nuova di questo rapporto che attraverso il dialogo possa portare finalmente ad ottenere i risultati significativi. Il magistrato italiano non può continuare a vivere il suo rapporto con la politica in modo perennemente teso e conflittuale. È chiaro che questo tipo di dialogo non può che partire dalla ferma rivendicazione, fatta propria anche dall'Avvocatura, dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, come sancisce la Costituzione». Anche lei pensa che il governo stia mettendo a punto una riforma della giustizia punitiva? «È presto per parlare di riforma punitiva. Questa è l'impressione che si ricava a causa dell'animosità del clima teso che si registra tra le parti in questo periodo. Peraltro manca ancora un testo di riferimento e nella stessa maggioranza di governo le posizioni pubbliche sono alquanto variegate. Torno a dire che sia necessario sedersi al tavolo in cui si discuterà di riforma spogliandosi da preconcetti e volontà strumentali. In quest'ottica ritengo che minacciare o indire uno sciopero sia in questo momento un grande errore». Non crede che nei conflitti tra esecutivo e magistratura pesi la lottizzazione delle toghe? «Quanto il conflitto tra poteri dello Stato raggiunge livelli come quello attuale credo che vi possano essere responsabilità in tutte le direzioni, magari legate anche a singole posizioni. Del resto ho notato che Palamara stesso ha riconosciuto quanto Magistratura Indipendente da tempo va sostenendo e cioè che la stessa Magistratura debba superare gli eccessi del correntismo che rischiano di trascendere in una lotizzazione certamente non positiva». Quali dovrebbero essere, secondo lei, i punti qualificanti di una buona riforma della giustizia? «L'autonomia e l'indipendenza della magistratura devono essere valori irrinunciabili di qualsiasi riforma. Ritengo inoltre che non sia possibile rinunciare anche al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale previsto nell'articolo 112 della nostra Carta Costituzionale, una garanzia dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Ritengo tuttavia che su questo tema ci si possa confrontare su possibili correttivi. Penso per esempio che si possa discutere circa l'indicazione di criteri di priorità, che a mio parere dovrebbero però essere fissati non dal Parlamento bensì dal Csm, sentiti il Ministro della Giustizia ed il Procuratore Generale della Corte di Cassazione». Qualche modifica anche all'interno del Csm? «Auspico una riforma del Csm che indebolisca il peso delle correnti, un obiettivo da raggiungere senza disperdere il senso dell'associazionismo, che resta una risorsa importante per contribuire a dare soluzione ai problemi della giustizia. I magistrati chiedono norme che garantiscano un processo civile e penale con tempi più rapidi e certi; chiedono stanziamenti per la fornitura di strumenti essenziali per il lavoro come codici e computer. Necessitano dell'ammodernamento degli uffici e dell'accelerazione del processo di innovazione tecnologica. I magistrati chiedono anche da tempo la fissazione dei carichi massimi di lavoro esigibili, come pure provvedimenti urgenti ed efficaci di natura economica a sostegno dei magistrati più giovani». Nic. Imb.