Quanta voglia di dialogo Il Pdl apre a Bersani

Cambia il segretario, cambiano le regole del gioco. Si riparte con le offerte di dialogo, i tavoli aperti di confronto, le possibilità di convergenza. Per lo meno ci si prova. È il saluto che il Pdl fa alla nomina di Pier Luigi Bersani a segretario del partito Democratico. Dimostrazione ne è la mano tesa in questa ultima settimana, segnale palese del cambio di atteggiamento che la maggioranza sta attuando verso l'opposizione. Anche perché, come spiegano molti esponenti pidiellini, «parlare con Franceschini ormai era impossibile». A questo punto si sonda il nuovo segretario, lo si mette alla prova. Come? Per esempio, sulle riforme. Se farà muro, come il suo predecessore, si aspetterà Bersani al varco delle Regionali, quello che Berlusconi ha definito più di una volta «il banco di prova». L'altro giorno, proprio dalla sede de Il Tempo, il ministro Gelmini invitava Bersani a «dialogare sul tema dell'Università. Vedremo così se è davvero per le riforme». Ieri lo ha fatto il viceministro Paolo Romani, sulle questioni di sua competenza e quindi sull'informazione. Idem come sopra, tutti i capigruppo del Pdl, persino il presidente del Senato. In realtà, come spiega un autorevole esponente della maggioranza, «non ci crediamo molto. Proponiamo il dialogo, ben consapevoli che alla fine prevarrà il loro solito atteggiamento». A questo punto bisagna aspettare e vedere cosa accadrà. Il Pdl, dunque, guarda con favore all'elezione del neosegretario, auspicando che con lui si possa riaprire un dialogo. Questo sui temi clou, sui prossimi obiettivi di governo, sulle questioni calde. A cominciare dalla Giustizia. L'interessato, intanto, resta cauto: «Ho in mente un partito, non che dialoga - precisa subito - perché dialogo è una parola malata, ma un partito che si confronta». Dichiarazioni lette da molti esponenti del Pdl come un no alla "bicameralina", convocata dalla Consulta della Giustizia del Pdl di Niccolò Ghedini il 4 novembre prossimo. Nella maggioranza si continua però a sperare che una strada per il confronto tra i poli, alla fine, possa aprirsi. Tra i primi ad augurarselo è il presidente del Senato, Renato Schifani: «Auspico che con Bersani si possa instaurare un clima di confronto costruttivo tra le parti, in particolar modo sulle grandi riforme di cui il Paese ha bisogno». La maggioranza ha fretta. Come ha ripetuto il premier più volte, le riforme vanno fatte. Se questo obiettivo si potesse raggiungere con l'aiuto o quanto meno la non chiusura dell'opposizione, sarebbe meglio. «Ci sono le condizioni per un dialogo su scelte politiche da condividere, anche sull'informazione, per uscire dalla logica della manifestazione sulla libertà di stampa e dall'antiberlusconismo di maniera», afferma Paolo Romani. E anche il leader della Lega, Umberto Bossi, sembra nutrire aspettative: «Vediamo cosa farà il nuovo segretario del Pd», commenta con i cronisti. «Bersani è uomo padano, pragmatico e soprattutto conosce la Lega», interviene un altro esponente del Carroccio, Massimo Polledri. La domanda a questo punto è immediata. E se Bersani dovessere fare muro e rifiutare l'offerta di collaborazione lanciata dalla maggioranza? A quel punto le Regionali saranno un test. «Ci sono molte Regioni ancora in mano al centrosinistra - spiega l'azzurro Osvaldo Napoli -. Basti pensare a Lazio, Campania, Calabria, Puglia. Se vinceremo in questi territori allora vorrà dire che Bersani sbaglia la sua politica». C'è poi un altro elemento da considerare: il sostegno che il governo avrebbe dato a Massimo D'Alema per la sua candidatura a ministro degli Esteri Ue. «Un segnale non casuale - commentano in ambienti della maggioranza -. Della serie vecchie coppie tornano...».