Noi deputati siamo vittime non fannulloni
Intanto,una giusta precisazione: la settimana prossima non ci sarà aula, ma le Commissioni continueranno a funzionare: il sottoscritto, ad esempio, sarà relatore di un progetto di legge in Commissione Cultura (che riguarderà, appunto, la riforma dell'Ordine dei giornalisti) e sarà inoltre impegnato nelle audizioni della Vigilanza Rai. Non è, quindi, esatto, almeno per quanto mi riguarda, la notizia che staremo fermi fino al 10 novembre. Ciò non significa che il problema della scarsa utilizzazione degli onorevoli non esista. Sì, potremmo essere utilizzati di più, molto di più, ma se non lo siamo non è certo per colpa nostra o, almeno, per colpa della maggior parte dei deputati perché poi, come nei carabinieri, abbiamo anche noi le nostre «mele marce». C'è senz'altro, come ha rilevato il presidente della Camera Fini, un problema di copertura finanziaria: i progetti di legge d'iniziativa parlamentare non vanno avanti perché non ci sono i quattrini e, quindi, restano al palo. Ma è anche una questione di quanto noi onorevoli veniamo sfruttati. È vero, l'attività parlamentare non si esaurisce a Roma perché siamo sempre impegnati nei nostri collegi elettorali, anche se l'abolizione delle preferenze ha finito per attenuare un po' il legame del parlamentare con il proprio territorio. Ma, quando poi sbarchiamo nella Capitale, ci sentiamo tanti «signor Nessuno». Il motivo è semplice: diventiamo un numero tra i tanti e, in molti casi, finiamo per avere un solo compito: spingere il bottone, con atto notarile, al momento del voto. Conta soltanto il tuo «ditone» mentre le tue capacità e le esperienze precedenti vengono spesso annullate o quasi. Debbo confessare che, nei miei primi diciotto mesi a Montecitorio, ho conosciuto - anche negli altri schieramenti politici - grandi personalità, deputati molto preparati che continuano a considerare il loro lavoro come una specie di missione. Alla fine, anche loro si sentono, però, praticamente inutili: vorrebbero fare, ma non sono messi in condizione di fare. Colpa dei regolamenti parlamentari, colpa di una certa mentalità che ha finito per svuotare il ruolo di Camera e Senato, colpa di vecchie prassi che sono andate sempre più consolidandosi. E tutto questo è un vero peccato: è un peccato per i parlamentari, con tante capacità inespresse, è un peccato per il Paese intero. E, allora, invece delle solite ironie sui deputati fannulloni, sarebbe il caso di aprire finalmente un serio dibattito su come fare funzionare davvero meglio il nostro Parlamento. Giancarlo Mazzuca