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Aiutarono le belve. Liberi

Guidonia

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Accusati di favoreggiamento per aver aiutato a scappare quattro stupratori e rimessi in libertà senza che il pubblico ministero abbia ancora formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio, benché l'indagine sia conclusa. Liberi per decorrenza dei termini. È l'ultimo scandalo della giustizia italiana. Un sistema che non riesce a garantire i cittadini. I fatti. Mugurel Goia e Ionut Barbu, ritenuti dalla Procura di Tivoli responsabili di aver favorito, procurando un'auto, la fuga dei quattro connazionali responsabili dello stupro di Guidonia, avvenuto lo scorso 22 gennaio, da ieri sono liberi. Vittima della violenza sessuale fu una ragazza, stuprata a turno dal branco in una zona di campagna, dove si era appartata col fidanzato, anche lui massacrato di botte dai quattro e successivamente rinchiuso nel bagagliaio della macchina. Dopo essere stati agli arresti domiciliari a Roma, ad aprile Goia e Barbu furono trasferiti in una località segreta del Nord Italia, sottoposti alla misura cautelare dell'obbligo di dimora. Ieri anche questo provvedimento è decaduto per scadenza dei termini e i due romeni sono tornati in libertà, in attesa di un processo più che probabile. Le forze dell'ordine dovranno vigilare affinché non fuggano all'estero sottraendosi al giudizio. Il loro legale, l'avvocato Domenico Dellomonaco, ha subito tenuto a smentire questa eventualità, assicurando che i due «hanno manifestato l'intenzione di voler rimanere nel Nord nella speranza di poter trovare finalmente lavoro in Veneto». Va bene, magari non scapperanno. Magari verranno anche giudicati innocenti. Ma il punto è un altro: a oltre dieci mesi dallo stupro ancora non è stato chiesto il rinvio a giudizio per i quattro presunti stupratori e i loro due complici. E ciò nonostante la confessione dei quattro autori materiali; nonostante siano già stati esperiti il test del Dna e l'incidente probatorio; nonostante sia già stata ascoltata la vittima; nonostante la Procura abbia depositato gli atti dell'inchiesta notificando l'avviso di conclusione delle indagini alle difese. Nonostante tutto, dopo oltre dieci mesi dalla violenza e con tutte le prove ormai raccolte, la giustizia italiana non riesce a mandare alla sbarra quattro stupratori.   Il perché? Fonti investigative forniscono una spiegazione che lascia basiti: la società incaricata ancora non avrebbe depositato la trascrizione dell'audizione della vittima. Disarmante.... semplicemente disarmante. Ora il pm di Tivoli Marco Mansi - che oggi dovrà sostenere davanti al gup l'accusa contro i presunti pedofili della scuola materna «Olga Rovere» di Rignano Flaminio - deve far presto: entro gennaio dovrà formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio per i quattro romeni presunti stupratori e oggi rinchiusi nel carcere di Rebibbia, altrimenti c'è il rischio che scadano i termini e il branco torni in libertà. Le accuse contestate da Mansi sono violenza sessuale e rapina aggravata per i quattro; favoreggiamento e resistenza a pubblico ufficiale per Goia e Barbu, i quali hanno sempre negato ogni addebito: secondo la loro versione dei fatti sarebbero stati interpellati da uno dei quattro romeni (senza sapere che fosse collegato allo stupro) che aveva bisogno di un passaggio in auto per raggiungere una città del Nord per motivi di lavoro. La scarcerazione ha scatenato la veemente reazione del sindaco di Roma Alemanno: «È veramente uno scandalo. È un segnale devastante per questa città e per tutte le donne. La magistratura, la macchina della giustizia, si deve rendere conto che così non andiamo da nessuna parte. La considero un'offesa per la città». Della stessa opinione l'eurodeputata (Pdl) Roberta Angelilli e il sottosegretario Barbara Saltamartini: «I tempi della giustizia sono troppo lunghi. È un segnale avvilente per le donne».  

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