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Noi finti politici fra i travestiti "Tranquilli, la bufera è passata"

Trans via dei campi sportivi roma. (Foto Gmt)

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La domanda va dove c'è il mercato. Forse sarà anche per questo che il circolo Montecitorio negli ultimi mesi è stato preso d'assalto da viados e trans. Forse. La via Salaria è fuori moda. Troppe proteste dei residenti, troppe attenzioni delle forze dell'ordine. Si cambia. E soprattutto si insegue il cliente, il mercato. Almeno così si vuol credere perché potrebbe essere, come sostiene la legge di Say, che l'offerta è sempre in grado di creare la propria domanda. Insomma, per farla breve i trans hanno invaso le zone preferite dai deputati. Ma anche dai manager, dai professionisti più in vista della città. Dove ci sono i circoli vip, i circoli più di moda. Perché? Intanto perché la zona dell'Acqua Acetosa ha poche case, è una zona di passaggio e poi perché è difficile essere visti. Da qualche giorno qualcosa è cambiato nell'aria. C'è tensione, ai trans va di scherzare ma non troppo. Se prima erano socievoli adesso rispondono appena a qualche domanda. Alla terza o alla quarta si chiudono a riccio. E non basta fingersi deputati, o meglio «onorevoli» che suona più gergale, per metterli a proprio agio. E non è sufficiente neppure che uno parli con un marcato accento veneto. Non basta a rendere tutto più credibile. Ormai hanno tutti paura. E, per scappare alla paura, si cerca una rassicurazione. È una bella serata a Roma, anche se la mezzanotte è vicina. Traffico poco. Girano poche macchine. Qualcuno si ferma. Il mercato sembra da Unione Sovietica con i prezzi imposti dall'autorità. Trenta euro il rapporto in auto, cinquanta a casa del trans. Vengono tutti dalla stessa zona. Via Due Ponti o via Cassia. Due strade che distano in media almeno cinque chilometri da dove i trans stanno battendo. Qualcun altro propone invece di andare in un non precisato punto di Corso Francia. Uno solo offre di consumare il rapporto appena dietro il cespuglio. Giovanna è seduto su un muretto sul ciglio della strada sul Lungotevere dell'Acqua Acetosa. Poco distante ci sono altri trans. Si è appena acceso una sigaretta e quando vede la macchina che accosta si alza in piedi. Un timido sorriso anticipa la prima classica risposta che un transessuale sa di dover dare: «Trenta euro in macchina. Cinquanta se volete venire a casa mia, abito sulla Cassia». Ma questo non basta. Dopo lo scandalo Marrazzo i clienti, soprattutto se si spacciano per essere rappresentanti delle istituzioni, hanno paura: «Non c'è pericolo. Marrazzo non c'è più. Potete stare sereni». Marrazzo, Marrazzo, Marrazzo. Due chiacchiere e salta fuori il nome. Il senso è sempre lo stesso. «Tranquilli, possiamo andare. Non c'è pericolo». Il caso del governatore del Lazio coinvolto in un video con un loro «collega» lo conoscono bene. Anche perché vengono tutti dalla zona dove si è verificato lo scandalo, via Gradoli, una traversa della Cassia. Sanno che devono tranquillizzare i clienti e che questi sono molto più accorti di prima. Il mercato è cambiato. Non ce ne sono più tanti a battere stasera, all'una sono una decina. Qualche centinaio di metri vicino alla Fonte dell'Acqua Acetosa c'è Vanessa, transessuale brasiliano che batte il marciapiede con un'amico. È esuberante. Gambe accavallate, stivali bianchi sopra al ginocchio con una zeppa trasparente vertiginosa. Mette subito in chiaro le tariffe che coincidono con quelle di Giovanna e, percependo il timore del cliente, spiega: «Io abito in corso Francia, lì non gira polizia e a dire il vero, non c'è nemmeno qui altrimenti non ci lascerebbero tranquille. Il caso di Marrazzo è chiuso. Anche lui, come tutti gli uomini, ha bisogno di godere e trasgredire. Non gli bastava la passerina, voleva la nostra patatina con la radice. E credimi, non è il solo a cercare questa trasgressione». Lo scenario più interessante però si verifica poco più avanti. L'assedio vero comincia un passo fuori il Circolo di Montecitorio, quello frequentato dai deputati e non solo la sera. È in una stradina, una traversa di via dei Campi sportivi senza via d'uscita. «E già qui ci sono i primi trans - spiega un parlamentare vero - che si fanno avanti o si piazzano all'ingresso della strada». Il circolo ha anche qualche campo da tennis e una piscina che invece danno direttamente su via dell'Acqua Acetosa, sul piazzale della stazione. Qui di solito, più che i treni per Viterbo, staziona Francesca. Alto un metro e ottanta, capelli neri, stasera indossa un bel vestitino grigio e una giacca di pelle nera, borsa nera e tacchi a spillo. Le sue tariffe sono leggermente diverse. Coincidono i trenta euro per un servizietto dietro un cespuglio ma per andare a casa e fare qualcosa di più tranquillo si sale a sessanta. E se ci si azzarda a dirle che costa di più delle altre, stizzita risponde: «Caro, io sono migliore delle altre, provare per credere. E poi, la bocca è mia e la vendo a quanto voglio». Più avanti c'è invece un altro che non vuole neanche scambiare due battute. Era appena sceso dalla macchina di un cliente. Forse la stanchezza, o forse non si fidava. Stadio delle Aquile, inversione di marcia. Si torna un po' indietro. Sul marciapiede c'è Noemi. Appena vede avvicinarsi la macchina si allontana dal gruppetto di amiche. Fa un sorriso di circostanza. Non ha molta voglia di parlare. Alla seconda domanda che non sia «Quanto?» e «Dove?», si chiude a ricchio. Si appoggia con il fondoschiena al muretto, si prende tra le mani il piede destro e giochicchia con lo stivale. All'ennesimo interrogativo si rabbuia, biascica un «Perché fate queste domande? Chi siete?». Si alza e se ne va. Poco distante c'é Marina. L'ultimo tentativo prima di abbandonare il campo. Questa volta si cambia strategia. Niente domande a bruciapelo ma un atteggiamento più amichevole. Anche lei cerca di stare seduta su un muricciolo, ma la rete di recinzione dietro le sue spalle le impedisce di stare comoda. È visibilmente stanca. «Non va molto bene», tenta di giustificarsi e nemmeno invitandolo a vedere la bellezza del cielo stellato di Roma si riesce a strappargli un sorriso. «Non ho voglia di perdere tempo». E inizia a elencarci le tariffe. Sempre lo stesso costo: «Trenta in macchina, cinquanta a casa». Aggiunge però un «a testa» vedendo che gli ipotetici clienti potevano essere due. Si guarda attorno, vede se arriva qualcuno. Niente sorrisi, non è serata di sorrisi questa. Non è serata nemmeno di perder tempo. E così, con l'aria di chi le cose le capisce bene, attacca: «Si capisce benissimo che non siete dei clienti». Dietro front e via. Ormai si sono fatte le quattro e anche i trans abbandonano la strada per rincasare.

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