Chiesti 7 anni per Corona Il Paparazzo: "Se parlo io..."
{{IMG_SX}} «Sul caso Marrazzo l'agenzia milanese ha usato più o meno le stesse modalità di vendita della mia, ma non è stata nemmeno indagata mentre io ho fatto 130 giorni dicarcere. Su Marrazzo so di più, ma non lo vengo a dire a voi». Lo ha affermato a margine del processo milanese a Vallettopoli, che lo vede imputato per estorsione e tentata estorsione, Fabrizio Corona per il quale ieri il pm Frank Di Maio ha chiesto ai giudici la condanna a 7 anni e 2 mesi di reclusione. Riferimenti al caso Marrazzo li ha fatti anche il pubblico ministero: «C'è una deriva inquietante nella gestione del materiale fotografico, lo dimostrano i fatti di cronaca di questi giorni» Pesanti le argomentazioni per giustificare la portata della corposa richiesta di condanna per Corona. Di Maio ha, infatti, asserito che l'imputato ha sfruttato «il timore fondato» dei vip, i quali basano «il loro successo sull'opinione del pubblico», di vedere rovinata la propria immagine, per compiere «estorsioni», simili a quelle «di tipo mafioso», ai loro danni, e lo ha fatto «accecato dal denaro», agendo come «una macchina da soldi». La requisitoria davanti ai giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Milano ha invece risparmiato Marco Bonato, ex collaboratore dell'agente fotografico, per i quale ha chiesto l'assoluzione. «Si è prestato - ha spiegato Frank Di Maio - a dare una mano a Corona, ma non vi è certezza che fosse consapevole delle estorsioni». Il pubblico ministero ha, poi, ripercorso tutti e 6 i presunti casi di estorsione o tentata estorsione, che Corona avrebbe messo in atto chiedendo o ricevendo soldi per ritirare foto dal mercato del gossip. Tra le «vittime illustri» Lapo Elkann, i calciatori Gilardino, Coco e Adriano, il motociclista Marco Melandri e l'imprenditore Gianluca Vacchi. In particolare, secondo l'accusa, quando Corona fece sapere ai responsabili comunicazione della Fiat che aveva in mano «materiale scandalistico» sulla notte trascorsa da Elkann in compagnia di un transessuale, usò «una minaccia seria, grave e dal forte contenuto intimidatorio», compiendo «una violazione aberrante» mentre il rampollo di casa Agnelli «lottava tra la vita e la morte». Un uomo come Corona, ha proseguito il pm, «dotato di una certa intelligenza, di carisma e fascino», avrebbe potuto portare avanti comunque «un progetto valido». La verità, ha spiegato ancora Di Maio, è che «la sua bramosia di denaro l'ha portato a deviare» dal piano originario. Chiedendo per lui oltre 7 anni, il pm ha precisato che al «fotografo dei vip» non devono essere riconosciute le attenuanti generiche. «Bisogna tener conto anche del suo comportamento extraprocessuale», ha aggiunto il pm ricordando quando dal balcone di casa, dopo la scarcerazione, buttò le mutande. Corona è arrivato al Palazzo di Giustizia di Milano accompagnato dalla sua compagna, Belen Rodriguez: ha assistito per un'ora alla requisitoria, poi se ne è andato con lei. Il suo difensore, Giuseppe Lucibello, difensore di Corona, parlerà il prossimo 20 novembre, quando potrebbe arrivare la sentenza.