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La Procura a Cossiga: "Non ci sono protetti"

Francesco Cossiga

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«Non abbiamo protetto nessuno. Non corrispondono al vero le parole pronunciate dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga». Botta, risposta e precisazione. A ventiquattr'ore di distanza dalla dichiarazione del Picconatore alla trasmissione tv «Otto e mezzo», su La 7, i vertici del Palazzo di Giustizia, a Roma, reagiscono. A imbizzarrirli la tesi di Cossiga sul video-scandalo di Piero Marrazzo in un appartamento romano con un trans, che ha costretto alle dimissioni l'ex goveratore del Lazio, secondo l'accusa ricattato da quattro carabinieri. «Erano cose accadute a luglio - ha sibilato il capo dello Stato emerito - e solo dopo quattro mesi di indagine la magistratura ha dato ordine di arresto. Per quattro mesi li hanno protetti, probabilmente non saranno stati contenti di dover prendere questi provvedimenti alla vigilia delle primarie del Pd e non molto lontano dalle regionali». Da piazzale Clodio si ribatte che gli accertamenti sono partiti il 14 ottobre sulla base di un'informativa nella quale si afferma che c'era qualcuno, nell'ambito dei carabinieri, che stava cercando di vendere un video in cui appare un uomo politico con un transessuale. In sintesi: «La Procura non ha protetto nessuno». Cossiga ha subito gettato acqua sul fuoco. «Ciò che volevo esprimere - spiega l'ex presidente della Repubblica - era una lode per la Procura di Roma che, a differenza di tante altre Procure da cui le notizie vengono fatte uscire prima ancora che gli imputati e le parti lese ne siano a conoscenza, aveva tutelato la privacy di Piero Marrazzo fino a quando il codice di procedura penale glielo ha permesso. E la figura dell'Arma dei carabinieri - conclude - non è intaccata da queste quattro mele marce». Ieri è sceso in campo anche il difensore di Piero Marrazzo. L'avvocato Luca Petrucci ha spiegato che l'ex governatore del Lazio «non aveva alcuna intenzione di acquistare il video che lo ritrae con un trans e che è stato oggetto del ricatto sessuale di cui è stato vittima. Ha avuto un contatto con il titolare della società Photo Masi (dove il Ros ha sequestrato il filmato) - continua - per capire di cosa si trattava, per rendersi conto di cosa mostravano le immagini, dopo la telefonata fatta da Silvio Berlusconi che lo avvertiva della presenza in giro di un filmato che lo riguardava. Ma non è stata avviata alcuna trattativa. Si è arrivati a Photo Masi dopo vari tentativi fatti presso altre agenzie. Piero Marrazzo è vittima di corpi deviati dello Stato, è una vittima è bene ricordarlo». La Procura ha aperto l'agenda su un eventuale secondo interrogatorio dell'ex presidente. «Non c'è stata alcuna convocazione - precisano i magistrati - e neppure è previsto che Marrazzo debba essere sentito. Almeno per il momento». I magistrati ribadiscono che Marrazzo, in questa vicenda, rimane parte offesa: dunque, non sarà aperto nei suoi confronti un procedimento per l'ipotesi di peculato (in relazione all'uso dell'auto blu) e per quella di corruzione (con riferimento al denaro preso dai carabinieri che hanno fatto il blitz nell'appartamento del trans in via Gradoli). Per quanto riguarda l'ipotesi di peculato per l'uso dell'auto blu, dagli ambienti giudiziari si precisa che Marrazzo aveva diritto all'auto di servizio e con quella poteva andare dove voleva. E pure la storia del video viene ridimensionata, allontanando il sospetto della presunta corruzione per la storia del video. Dicono in Procura: il filmato è stato girato dai due carabinieri «infedeli» (Carlo Tagliente e Luciano Simeone), il politico è stato vittima di un ricatto senza sapere di essere stato ripreso.

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