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Vogliamo partiti forti e grandi

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In verità sono assai più devastanti quelle a sinistra, come testimoniato dalle parole di Francesco Rutelli diffuse quando ancora non erano disponibili i risultati finali del voto nei gazebo. Vogliamo qui dire con chiarezza che il nostro sistema ha bisogno di tutto meno che di veder rinascere la moltitudine di formazioni del recente passato. Abbiamo invece bisogno dell'esatto contrario, cioè di una sorta di «educazione» politica, volta a far passare un concetto semplice e decisivo: ci servono pochissimi partiti, da contare sulle dita di una mano, capaci di ospitare al proprio interno anime diverse. Frammentazione e legge elettorale proporzionale sono i veri artefici del nostro debito pubblico abnorme e sono i tutori di una partitocrazia francamente eccessiva. Quello schema è fallito e non deve più ghermire la nazione. L'intuizione di Veltroni e la pronta risposta di Berlusconi ci hanno portato ad una legislatura con cinque partiti in Parlamento. È una conquista, a patto di saperla riempire di contenuti (aspetto trascurato negli ultimi mesi). La sfida è battagliare «dentro» i partiti, non cercando ogni buona occasione per scomporli. Ecco perché chiediamo a Berlusconi e Bersani di rilanciare la politica, quella con la P maiuscola. Nelle due case c'è ampio spazio per il dissenso, che non vuole dire confusione.  

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