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Pd, la festa è già finita: Rutelli minaccia la scissione

Da sinistra PierFerdinando Casini e Francesco Rutelli

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La prima grana è già scoppiata. Neanche il tempo di finire i festeggiamenti e Pier Luigi Bersani deve mettersi a correre per evitare la prima scissione nel Pd: Rutelli minaccia di andare via. E non si tratta di una frasetta buttata lì. Si tratta di un progetto politico ben preciso che si concretizzerà dopo le Regionali ma che potrebbe avere un prologo con la formazione di gruppi parlamentari. Procediamo con ordine. Ieri viene diffusa sapientemente un'anticipazione del prossimo libro di Bruno Vespa che si intitola «Donne di cuori-Duemila anni di amore e potere da Cleopatra a Carla Bruni, da Giulio Cesare a Berlusconi» in uscita a novembre. Rutelli al conduttore di Porta a Porta ventila la scissione e ammette l'intenzione di abbandonare il Pd (partito di cui è co-fondatore) e di andare con Casini. «Ma non subito e non da solo», afferma l'ex vicepremier. L'ex candidato a sindaco di Roma, sempre nell'intervista a Vespa, articola il suo pensiero: «In questi due anni il Pd ha sprecato un patrimonio, anziché costruirne uno nuovo - insiste -. Avremmo dovuto cambiare terreno di gioco, allenatore, squadra, pallone, modulo tattico, perfino i tifosi. Dopo quindici anni era evidente che lo schema dell'Unione era finito. Bisognava cambiare tutto. E invece non è cambiato niente. Il Pd è senza ceti produttivi. Vota per noi soltanto il 13-14 per cento dei piccoli imprenditori. Ne votavano di più per il vecchio Partito comunista. Siamo senza operai, senza ceto popolare. Il discorso che Veltroni fece nel 2007 al Lingotto e una conduzione battagliera della campagna elettorale del 2008 hanno portato il Pd a conquistare un terzo dei voti. Da allora lo stesso Veltroni si è affidato a un eclettismo senza baricentro politico, non è mai più arrivata una proposta chiara». Tuttavia lo stesso Rutelli corregge in giornata: «Figurarsi se un tema serio come le alleanze e i rapporti con i partiti, come l'Udc, si può liquidare con i giochini che servono a Vespa per lanciare i suoi libri...». Vespa chiarisce: «La costruzione della notizia sull'anticipazione di Rutelli nel mio libro può aver ingenerato l'equivoco che Rutelli mi abbia rilasciato l'intervista durante le primarie. In realtà ieri Rutelli mi ha detto soltanto che avrebbe vinto Bersani e che Marino avrebbe preso molti voti. Il resto è frutto di una conversazione immediatamente successiva al congresso del Pd dell'11 ottobre». Non basta. Perché Bersani corre subito ai ripari: «La prova di ieri (domenica, ndr) è inequivocabile: abbiamo avuto una spinta formidabile e inaspettata da noi stessi da parte degli iscritti, dei militanti e degli elettori. Una prova di fiducia nel Pd che è un partito nuovo e non vecchio. Chi si è messo in fila e ha pagato 2 euro ha dimostrato fiducia nel Pd, un partito nuovo e non vecchio, che si deve dare un profilo nuovo di cultura politica. Non credo che qualcuno voglia sottrarsi a questa sfida affascinante». Al di là delle dichiarazioni il gioco è fin troppo scoperto. Il treno insomma s'è messo in corsa. Rutelli guarda più che al Pd alla costituente di centro che Casini sta per lanciare. Lo farà però dopo la tornata elettorale di marzo e dunque Rutelli deve attendere quella data. C'è chi, tra i suoi, lo spinge invece ad accelerare tutto. A varare liste elettorali e concorrere alle Regionali. Ma Rutelli appare poco convinto soprattutto perché intende vedere che cosa farà Bersani. Attenderà le prime mosse, le prime nomine che farà il nuovo segretario. Per esempio se confermerà il capogruppo alla Camera, Antonello Soro, ex Margherita. Poi potrebbe decidere di mettere assieme gruppi autonomi alla Camera e al Senato, dove l'operazione è più complessa. Intanto, non starà fermo.

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