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La verità di Piero sulla coca

Un'immagine del carcere penitenziario Regina Coeli

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{{IMG_SX}}Un rapporto sessuale a pagamento, le minacce dei quattro carabinieri, il video girato nell'appartamento del transessuale in via Gradoli e la cocaina che si vede nel filmato che ritrae anche l'ex presidente della Regione Lazio. Questi i punti fondamentali che sono sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti romani nella ricostruzione dell'affaire Marrazzo. Soprattutto il giro di cocaina nel mondo dei transessuali, chi li riforniva e chi riforniva gli spaccitori degli stessi trans. I carabinieri del Ros, in questo momento dell'inchiesta, stanno infatti lavorando per identificare i pusher e accertare chi ha fatto entrare nell'abitazione in via Gradoli 96 la sostanza stupefacente. Fin dal giorno dell'arresto dei quattro carabinieri, Luciano Simeone, Carlo Tagliente, Antonio Tamburrino e Nicola Testini, è subito scoppiato un giallo su chi ha introdotto la cocaina lo scorso luglio nella casa del transessuale Natalie. Secondo la versione dell'ex governatore del Lazio una settimana fa, quando è entrano nell'appartamento del transessuale ha posato le banconote su un tavolino, vicino ha messo il suo portafogli, contenenti duemila euro: con il transessuale avevano pattuito cinquemila euro per la prestazione sessaule. Poco dopo hanno fatto irruzione due carabinieri, che secondo Piero Marrazzo avrebbero avuto subito un atteggiamento arrogante. Presero poi il portafogli dell'ex governatore e prelevarono duemila euro e portarono in un'altra stanza Natalie. In questi momenti di tensione, Marrazzo si sarebbe accorto della presenza di cocaina sul tavolino, non notata in precedenza. L'ex numero uno della Regione ha dunque collegato la presenza della droga con l'ingresso dei carabinieri. Tanto da affermare che quando stava uscendo dall'abitazione, la sostanza stupefacente non c'era più. Una versione che contrasta totalmente con quanto riferito invece dagli indagati. In base alle loro dichiarazioni, quando entrarono nella casa di via Gradoli, hanno riconosciuto Piero Marrazzo e hanno notato la droga sul tavolino e che, prima di andare via, sarebbero stati loro a gettarla nel water. Non solo. I militari hanno detto che quel giorno in casa c'era anche Gianguarino Cafasso, morto a settembre in un albergo sulla Salaria, e che è stato lui a girare il filmato a loro insaputa e che in un secondo momento, a fine luglio, glielo avrebbe consegnato. Sempre in base al racconto dei militari accusati, a seconda delle posizioni processuali, di rapina, estorsione, violazione di domicilio e della privacy, Marrazzo, una volta qualificatisi come carabinieri, li avrebbe pregati di non fare nulla per non comprometterlo e che li avrebbe ricompensati. Fino ad ora, però, la ricostruzione dei fatti fornita dai militari non ha convinto il giudice per le indagini preliminari Sante Spinaci, che ha infatti convalidato il loro arresto, chiesto e ottenuto dai pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli, ed emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere perché nei loro confronti ci sarebbero elementi di assoluta gravità.

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