Sassoli: "Io candidato? Sarei pronto alla sfida"
Sarà David Sassoli il candidato del centrosinistra nel Lazio alle prossime Regionali? All'ex giornalista della Rai, da qualche mese eurodeputato del Pd, l'avranno chiesto già una ventina di volte. Glielo domandavano quando Piero Marrazzo era ancora governatore, figuriamoci ora. Per la verità si fanno anche i nomi del deputato Enrico Gasbarra, della vicepresidente della Camera Rosy Bindi e dell'ex sindaco di Roma Walter Veltroni. I primi due hanno detto di essere «indisponibili». Il terzo non si sa. Sassoli invece risponde tranquillo mentre fa la fila a piazza Mazzini, nella Capitale, per votare alle primarie: «Non dico né di no né di sì». In un momento qualsiasi non sarebbe certo una dichiarazione decisiva ma in questi giorni, in cui nel Partito democratico impazza la gara a tirarsi fuori, ha quasi il valore di una discesa in campo. Sassoli, ovviamente, segue un ragionamento diverso (al di là di ogni obiettivo concreto), la cui parola chiave è «responsabilità». Onorevole Sassoli, si candiderà alle prossime Regionali? «Il partito farà la sua valutazione. Dire sì o no è sciocco». Va in controtendenza. In questi giorni gli altri esponenti del Pd si sono detti «indisponibili»... «La fuga di questi politici è una nota stonata. Sembrano dei "turisti" del Pd. Noi invece abbiamo bisogno di persone che restino e si prendano delle responsabilità». Dunque lei è pronto a prendersi le sue responsabilità... «Voglio essere chiaro. Non è che a me la candidatura nel Lazio non interessi. Ma prima mi interessa che si trovi una soluzione. Mi sento coinvolto nelle decisioni del partito. Perché dovrei tirarmi fuori?». Qual è l'identikit del candidato del centrosinistra alla Regione Lazio? «Ci vuole prudenza, non servono gli identikit né il totonomine che peraltro segue una situazione che si è creata quarantott'ore fa. In ogni caso credo che bisognerebbe puntare su un amministratore che abbia un largo consenso». Un altro giornalista della Rai dopo Badaloni e Marrazzo le sembrerebbe troppo? «Ancora?» Bé, almeno le farà piacere che tanti facciano il suo nome? «Guardi, i motivi per cui si indicano le persone sono sempre vari e hanno diversi risvolti. Spesso tanti lo fanno soltanto perché non ti vogliono». Come lo vede il dopo Marrazzo? «È presto per dirlo. Tuttavia voglio sottolineare che di fronte a una situazione grave, la sua risposta è stata quella di dimettersi. C'è gente che, pur travolta dagli scandali, non si dimette». Come sono andate le primarie? «Gufavano tutti, invece sono andate molto bene. C'è un popolo del Pd che i politici devono rispettare un po' di più. In tutte le zone di Roma ci sono state file importanti di cittadini, soprattutto in periferia. Si gioca una scommessa che vale tre anni di politica italiana: quale sarà l'opposizione, come sarà il partito e come iniziare a costruirgli intorno un'alternativa alla destra». Che deve fare adesso il Partito democratico? «Deve rinnovare la sua classe dirigente. I cittadini chiedono di partecipare ma il ceto politico non riesce ad agire. Ora il partito deve essere più aperto e unito. Se io e tanti altri non avessimo organizzato la lista "Semplicemente democratici" tanti candidati, tra cui parecchi giovani, non ci sarebbero stati. Ci sarebbero stati soltanto i soliti. Peraltro per fare la nostra lista abbiamo lottato. Infatti in Umbria non c'è stato niente da fare, lì ci hanno vietato di presentare la nostra formazione». Torniamo alle primarie. Cosa l'ha colpita di più in queste settimane? «La passione che hanno avuto soprattutto i ragazzi. Se non ci fossero state le primarie probabilmente tanti non si sarebbero neanche avvicinati alla sfida. È stata davvero una bella prova di pedagogia civile». Ma lei non si è stufato delle campagne elettorali? Prima quella per le elezioni europee, ora le primarie, a marzo ci saranno le Regionali... «In effetti questo è stato un periodo con tante prove. Ma io l'ho detto sempre che mi sarei impegnato per far crescere il partito».