Primarie, che pasticcio
Approssimazione, faciloneria, errori, sbagli. Il Pd elegge il suo segretario così. O forse si potrebbe dire che a questo si va incontro se si decide di abolire la politica e affidare ai gazebo chi va al timone della nave. Falsare l'esito del voto è un gioco da ragazzi. Un gioco che si è ripetuto per ben tre volte. Ma si poteva continuare, tre in fin dei conti è il numero perfetto e quanto basta per dimostrare che le primarie, queste primarie, più d'un dubbio lo sollevano. Non bisogna fare i salti mortali per votare ripetutamente, almeno per un non residente a Roma. È sufficiente presentarsi sotto gli ombrelloni bianchi, subirsi un po' di coda attorniati da elettori inferociti per lo scandalo Marrazzo, arrivare davanti alle urne con la sola carta di identità in mano e chiedere di poter votare. «Ma la procedura prevede che bisognava iscriversi alla sede provinciale del Pd in Via del Tritone, ma doveva farlo entro le 19 del 23 ottobre», sottolinea un volontario del seggio di Piazza Risorgimento che subito dopo invita a raggiungere il gazebo di Piazza Mazzini: «Se sarà possibile, la faranno votare». Ma secondo le regole cosa avrebbe dovuto fare un "fuori sede" per poter votare? Avrebbe dovuto in primo luogo dire addio alla propria privacy e poi, telefonando alla sede provinciale del partito, rilasciare oltre al nome e al cognome anche una fotocopia del documento di identità, il domicilio della città dove si abita e, non si sa perché, il numero di cellulare. Certo, ad aiutare il plurivoto sarà stato anche il fatto che ogni volta bisogna sborsare due euro: e di questi tempi, si sa, non è poco. La fila a piazza Mazzini è decisamente più lunga, ma è bastato avvicinarsi all'ingresso del gazebo per capire che sarebbe stato possibile votare. Unica richiesta sottoscrivere un'autocertificazione nella quale si riportava di aver preso contatto con via del Tritone, e aver comunicato di esprimere il proprio voto in quel seggio. E così è stato. I primi due euro della giornata sono stati spesi e le prime due schede imbucate nelle urne. E prima di andar via una voce riecheggia: «Comunque sappia che poteva votare in tutti i seggi della zona in cui le abita». Beh, se è così allora perché non tornare anche a Piazza Risorgimento? Nuova tappa al gazebo di partenza e qui basta riportare la frase ad un volontario per tornare a votare. Altri due euro, altre due schede e logicamente ancora imbarazzo su dove mettere quella croce. Empasse superata in poco tempo e, dopo aver ritirato per la seconda volta la ricevuta di pagamento, ecco ricominciare a cercare il terzo gazebo compiacente che facesse votare un giovane lavoratore fuori sede desideroso di impegnarsi per il Pd. Le cose iniziano però a complicarsi. Non tutti i volontari sono ben disposti a soprassedere al regolamento. Così sarà per esempio nel seggio di piazza Pio XI dove un volontario ha categoricamente rifiutato: «Se non si è iscritto non la possiamo far votare». Stessa scena anche in via Trionfale dove il presidente del seggio dispiaciuto ha spiegato: «Avremmo molto bisogno del suo voto e soprattutto di giovani impegnati politicamente ma il regolamento ci impone di non farla votare». Più puntigliosi invece in piazza Cola di Rienzo: «Ci sembra strano che le abbiano detto che si poteva votare ovunque. Le regole erano diverse». Ma lo spettacolo più confusionario in assoluto si verifica a piazza del Popolo. Nessuno ha mosso alcuna obiezione sulla richiesta di poter votare. Ovunque regna il caos. Un volontario gira e urla con la carta d'identità di un elettore che improvvisamente si è smaterializzato. Un altro chiede di fare la fila a sinistra per poi cambiare idea e far spostare tutti sulla destra e una ragazza mentre guardava i due euro che avrebbe dovuto consegnare commenta con un'amica: «Speriamo che questi non servano a pagare i trans». Ma tralasciando il siparietto la trafila è sempre la stessa: documento, schede, e contributo. Solo che questa volta, nella gran confusione, si dimenticano addirittura di controllare che al posto di due euro gliene è stato dato solo uno. Così per la terza volta un voto, illecito, entra nell'urna. Ma a chi saranno andati quei tre voti? La preferenza di solito dovrebbe rimanere segreta, ma siccome quello vale per le elezioni serie e non per queste primarie "pasticcione", allora Franceschini, Bersani, Marino non si preoccupino. Ad ognuno di loro è andata una preferenza.