"E' solo una bufala, continuo a lavorare"
È andato dritto per la sua strada. Con fatica, ma ha cercato di guardare avanti. Sicuramente è stato il giorno più lungo dall'inizio della legislatura. All'ora di pranzo il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha riunito i suoi collaboratori più stretti, ha scritto con loro una dichiarazione breve, chiara. Arrivato a Palazzo Chigi per l'incontro tra il governo e le Regioni l'ha letta ai giornalisti. Tantissimi. Non legge quasi mai Piero Marrazzo. È uno di quelli che va a braccio, gli piace guardare le persone, più che i fogli. L'ha imparato ancora prima di fare la televisione. Ma stavolta doveva leggere. Non voleva sbagliare una virgola. Alla fine ha anche abbozzato un sorriso prima di entrare a Palazzo Chigi. «Sono dispiaciuto che questa bruttissima storia veda coinvolti alcui carabinieri - ha premesso - Voglio comunque rivolgere un ringraziamento all'Arma e alla magistratura per il lavoro svolto». Poi ha aggiunto: «Non è la prima volta che si scatena contro di me un attacco che mi colpisce personalmente e politicamente. Quanto è successo è un atto di una gravità inaudita e dimostra che nel nostro Paese la lotta politica ha raggiunto livelli di barbarie intollerabili. In questa vicenda, che definirei surreale, io sono vittima - ha ricordato Marrazzo - Mi auguro che si arrivi al più presto al chiarimento di tutti gli elementi di questa vicenda, ho una famiglia alla quale tengo più di ogni altra cosa e che voglio preservare con tutte le mie forze». Infine il governatore ha anche assicurato: «Per quanto mi riguarda, pur con grande amarezza, continuerò con serietà e determinazione il mio lavoro fino all'ultimo giorno della legislatura». Cioè: non lascio, nonostante tutto. Anche se in serata l'idea di essere stato vittima due volte diventa concreta. La giornata era cominciata a Frosinone per un convegno sul nuovo aeroporto. Era tranquillo, ha parlato una ventina di minuti. Alla fine ha commentato il presunto tentativo di estorsione legato al video che lo ritrarrebbe in atteggiamenti intimi: «Non ero a conoscenza di questa vicenda - si è giustificato - Quanto sta accadendo non risponde a verità. Il video è una bufala e pretendo il massimo rispetto». Poi è cominciato il diluvio di dichiarazioni. Quasi tutte di solidarietà. È suonato parecchio il telefono del governatore. Qualcuno si è arreso e gli ha inviato messaggi. È tornato a parlare alle dieci di sera. «In questi giorni ho fornito pieno supporto alla magistratura, e continuerò a farlo anche in futuro, in relazione alla delicata indagine ancora in corso condotta dalla Direzione distrettuale antimafia», ha detto Marrazzo. Poi ha indicato una strada: «Mi era stato chiesto dall'autorità inquirente di mantenere il massimo riserbo, in osservanza del segreto istruttorio. A questo impegno mi sono attenuto nella giornata odierna, considerando largamente prevalente l'interesse generale della giustizia a fronte di un presunto coinvolgimento della criminalità organizzata in questa inchiesta». Infine ha assicurato: «Quando non sarò più vincolato al segreto istruttorio sarà mia cura precisare ogni aspetto di questa vicenda e informare l'opinione pubblica rispetto a quanto accaduto in una situazione in cui sono parte offesa» ha concluso Marrazzo. Poi più niente. Ha rinunciato a partecipare all'ultima serata del Festival del cinema di Roma, non era il caso. Ha tranquillizzato i suoi: «Dimostrerò che ho ragione, che è tutta una bufala». È arrivato alle undici provato, come mai in questi quattro anni e mezzo. Da quell'aprile del 2005 in cui la sua vittoria contro Francesco Storace sembrava roba da miracolo. Da oggi a parlare per il governatore sarà il suo legale di fiducia, Luca Petrucci, che subito dopo la nomina ha fatto sapere che «a fronte di qualunque notizia che dovesse ledere la reputazione del presidente Marrazzo si procederà senza indugio a promuovere tutte le iniziative giudiziarie a tutela del proprio assistito per i reati di diffamazione, di violazione del segreto istruttorio e della evidente e gravissima violazione del diritto della privacy». Ma qualcosa lascia supporre che stiamo soltanto all'inizio e che saranno in tanti ad approfittarsi dell'inchiesta.