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Dallo "stupratore" all'assassino I casi che imbarazzano il partito

Luca Bianchini

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Ormai siamo ben oltre le «scosse» preannunciate da Massimo D'Alema. Quello che ha colpito il Pd nel 2009 è un vero e proprio terremoto. E la vicenda che coinvolge Piero Marrazzo rischia di trasformarsi nell'ultimo imbarazzante capitolo di una stagione che ha visto dissolversi, colpo dopo colpo, la presunta superiorità morale del centrosinistra italiano. Basterebbe leggere le fredde reazioni dei big del partito per capire che, nonostante al momento il governatore laziale vesta i panni della vittima, a Sant'Andrea delle Fratte si sarebbero volentieri risparmiati una discussione sui suoi gusti sessuali a due giorni dalle primarie. Ma quello di Marrazzo è sicuramente un caso di poco conto, soprattutto se paragonato a quanto successo fin qui. È passata meno di una settimana, infatti, da quando il commissario campano del Pd Enrico Morando ha deciso di consegnare gli elenchi degli iscritti del circolo di Castellammare di Stabia alla Questura commissariando a sua volta il segretario locale. Il motivo? Probabili infiltrazioni della camorra. Si è scoperto, ad esempio, che tale Catello Romano, uno dei componenti del commando che il 3 febbraio aveva ucciso in un agguato davanti agli occhi del figlio il consigliere comunale democratico Luigi Tommasino, era tra gli iscritti della sezione. Non solo, ma era in buona compagnia visto che anche la moglie del boss Pasquale D'Alessandro, Carolina Mosca, aveva la sua bella tessera da esibire. Un passo indietro ed eccoci nel mezzo dell'estate romana. Nella Capitale si susseguono casi di violenza sessuale. Si cerca uno stupratore seriale e, il 10 luglio, la Polizia ferma Luca Bianchini. L'uomo, 33 anni, ragioniere, è il coordinatore del circolo Pd del Torrino. Si scopre anche che ha un precedente risalente al 1996 quando cercò di violentare la sua vicina di casa. A quel tempo, però, il gip lo scagionò perché «al momento del fatto era incapace di intendere e di volere». Ce n'è abbastanza per far dire a Ignazio Marino che il caso del presunto stupratore pone «una questione morale grande come una montagna». E la polemica si trascina per giorni. Certo è difficile dire che il partito abbia responsabilità se uno decide di ammazzare o stuprare, ma la questione non può essere sicuramente sottovalutata. Come non vanno sottovalutati i numerosi indagati che hanno costellato il 2009 democratico. L'anno si inaugura quando è ancora vivo il ricordo di due casi che hanno agitato il partito negli ultimi mesi del 2008. Da un lato c'è il comune di Pescara dove il sindaco Luciano D'Alfonso (due mandati alle spalle) è indagato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla concussione oltre che per truffa, falso e peculato nell'inchiesta per presunte tangenti negli appalti pubblici. Dall'altro c'è il comune di Firenze dove due assessori della giunta Domenici sono finiti nel mirino dei magistrati per presunta corruzione relativa ai progetti urbanistici di Castello, area periferica della città. Due roccheforti della sinistra travolte da guai giudiziari. Le elezioni confermeranno il Pd a Firenze e lo puniranno a Pescara. Da non dimenticare, poi, lo scandalo della Sanità pugliese che ha messo in grossa difficoltà la giunta regionale e, in particolare, gli uomini più vicini a Massimo D'Alema (l'assessore Alberto Tedesco e il vicepresidente Sandro Frisullo). E ancora il sindaco di Ancona Fabio Sturani anche lui indagato per corruzione e costretto a dimettersi. O il primo cittadino di Rimini Alberto Ravaioli che, lo scorso 2 ottobre, è finito nell'inchiesta del Nas sulla presunta truffa al sistema sanitario regionale. La terra, sotto i piedi del Pd, continua a tremare.

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