Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Mastella: "Io e mia moglie abbiamo le mani pulite"

default_image

  • a
  • a
  • a

NAPOLI - Il tabù non cade, i coniugi Mastella non si dimettono e rilanciano. In tre atti Clemente Mastella difende se stesso e la sua famiglia dal turbinio di accuse dell'inchiesta Arpac, l'Agenzia per l'ambiente in Campania, che ha scardinato il feudo di Ceppaloni. I pm napoletani contestano associazione a delinquere, truffa, abuso d'ufficio e un sistema di clientele che mortificava avversari politici e non. Ma per l'europarlamentare del Pdl non esistono cupole, vessazioni o sistemi di potere. Non è il «Provenzano campano» e non ha mai preso una lira. «Ho le mani pulite, pulitissime», dice nella conferenza stampa da lui convocata. Le agita più volte, in modo spettacolare e frenetico, alza la voce per scandire che i Mastella sono persone perbene. Si definisce serenissimo «come la Repubblica di Venezia», ma i fatti lo tradiscono. Arriva in ritardo nella sede dell'Udeur perché ha appena incontrato il suo avvocato Titta Madia. Vestito blu, camicia bianca e sorriso d'ordinanza, assediato dalla stampa, parla per un'ora. Al suo fianco Giulio Di Donato, ex socialista, sguardi d'intesa e suggerimenti. Sui muri la bandiera del partito: una casa dalla porta aperta e accogliente, non è proprio la villa-ritrovo di Benevento, ma gli somiglia molto. Mastella è amareggiato: «No alla guerra contro i magistrati, ma da quando sono diventato Ministro della Giustizia mi hanno radiografato, ho ricevuto attenzioni incomprensibili».   Se il pensiero del complotto lo sfiora, quello del passo indietro è da escludere: «Ho già dato. Ho lasciato quando ero Ministro (dimissioni che contribuirono a far cadere il governo Prodi). Vado avanti a fronte alta». Si trincera dietro un «non so» sulle dimissioni della moglie. Mentre rivendica le sue raccomandazioni: «Ho aiutato gente povera e bisognosa che ti viene a piangere davanti alla porta di casa… Vale per me e per mia moglie». Generosità in stile Udeur. Ma l'ex Guardasigilli non si dà pace sulla disparità di trattamento con altri partiti. Chiama ripetutamente in causa il Pd e l'Idv: i tesseramenti di Castellammare, i processi di Bassolino e l'inchiesta sul figlio di Antonio Di Pietro. Vicende per le quali non è successo nulla. Una differenza di valutazione che proprio non gli va giù. Sbanda sui presunti legami di alcuni esponenti del suo partito con la criminalità: «Ognuno risponde per sé» e ancora: «Torte da spartire? Amo i dolci, ma non faccio il pasticcere». Torna a ruggire sul figlio Pellegrino finito nell'inchiesta per una Porsche Cayenne acquistata da un pregiudicato con un forte sconto. Accigliato risponde che non ha mai ricevuto regali. Ecco, mai toccare la famiglia a Mastella: «Eravamo uniti prima e lo saremo anche adesso a maggior ragione che è in arrivo la nipotina». Nel pomeriggio si replica: Clemente viene accolto da un applauso timido, sembra un commiato, lui lo avverte e richiama la sala: «Non è un funerale, non è un de profundis». Sprazzi di politica e un affondo: «C'è libertà di stampa in Italia perché la parodia del premier si fa perfino su Mediaset». Un accenno a Berlusconi, il grande assente tra le telefonate di solidarietà. Stima da alte cariche istituzionali, ma silenzio dalla Russia. «Sono fiero di voi e dell'Udeur» e scatta la standing ovation. Mastella non si commuove. Provato dalla lunga giornata sale sull'auto blu. Deve raggiungere la moglie a Roma, non prima però di essere passato per lo studio di Porta a Porta per l'atto terzo. Scena terza di "Mastellopoli".

Dai blog