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Camorra, malaffare ed ecomafie governano al posto della sinistra

Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, indagata nell'inchiesta Arpac

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NAPOLI - Camorra, malaffare ed ecomafie si sono impadronite ormai da un ventennio della Campania, in barba al fantasioso slogan del «Rinascimento napoletano» coniato dal governatore Antonio Bassolino. La seconda tranche dell'inchiesta sull'Udeur connection (la prima, a gennaio, portò agli arresti domiciliari la signora Sandra Lonardo coniugata Mastella, presidente del Consiglio regionale) è l'ennesima mazzata che scuote dalle fondamenta il già traballante Palazzo. Ma arriva dopo molte altre. Tutte, giova ricordarlo, hanno colpito (ma non ancora abbattuto) il sistema di potere che in Campania ruota attorno alla coalizione di centrosinistra che ha governato ininterrottamente negli ultimi 18 anni Regione, Provincia e Comune di Napoli.   Le indagini chiuse dalla Procura mercoledì puntano sul partito familiare dei Mastella. Il quadro disegnato da mille pagine di ordinanza cautelare si fondano su decine di testi d'accusa, intercettazioni, riscontri documentali, persino un pentito di camorra, e ha tinte davvero fosche. Secondo l'accusa i vertici dell'Udeur in Campania, a cominciare dalla signora Lonardo, gestivano gli enti pubblici come serbatoi per sistemare parenti e amici degli amici, pilotare appalti e incarichi professionali verso familiari e stretti collaboratori, mobbizzare coloro che non si piegavano ai voleri della banda. Non c'è solo il file trovato nella segreteria dell'Arpac con 655 nomi di raccomandati e accanto lo sponsor politico. Per gli inquirenti il reato non è nella semplice raccomandazione, ma nella contropartita che si riceveva in cambio del favore. Un esempio: un'impresa edile ha ristrutturato gratuitamente la famosa villa della famiglia Mastella a Ceppaloni. La stessa impresa ha ricevuto nello stesso periodo appalti dal Comune di Ceppaloni, quando il sindaco era, manco a dirlo, Clemente Mastella. Lo ha rivelato una superteste, e la Finanza ha riscontrato tutto. Altro esempio: il consuocero di Mastella, l'ingegnere Carlo Camilleri, ottenne dal Consorzio di bonifica aurunco un incarico professionale senza alcuna gara pubblica e le sue parcelle furono gonfiate fino ad arrivare ad un milione di euro. Tutto illegale, secondo la Procura. E ci sono poi quelli messi a stipendio dell'Arpac che, o non sapevano fare nulla, o non andavano del tutto a lavorare. A lamentarsi dei fannulloni è un dirigente dell'Arpac intercettato il quale tuttavia, come risulterà dalle indagini, aveva dato il proprio assenso alle assunzioni clientelari. Nell'ufficio, dice in una conversazione, c'è chi non viene mai («un giorno c'è e un mese no»), chi non sa far nulla («su dieci cose nove non le sa fare»), chi risulta ammalato. E guai ad andare a protestare minacciando rapporti negativi. «Falla finita, non ti permettere di scrivere che ti faccio male», avrebbe risposto al dirigente l'ex direttore dell'Arpac, Luciano Capobianco, oggi agli arresti domiciliari. E si potrebbe continuare per altre mille pagine. C'è poi l'aspetto inquietante delle connessioni con la camorra dei Casalesi, attraverso il consigliere regionale dell'Udeur Nicola Ferraro. Un pentito di Marcianise, Michele Froncillo, rivela che Ferraro acquistò una Porsche Cayenne dal cognato del boss Belforte per regalarla a Pellegrino Mastella, figlio del leader del Campanile. Ora Mastella jr smentisce e dice che ha pagato l'auto di tasca sua, ma al momento gli inquirenti non hanno trovato traccia dei 77mila euro che sarebbero stati pagati per la fuoriserie. Lo stesso pentito accusa Ferraro di aver comprato pacchetti di voti per l'Udeur: «Noi lo appoggiammo nelle elezioni regionali del 2005 perché ci aveva promesso che una volta eletto ci avrebbe dato la nostra “fetta di torta”». Ma non c'è solo l'Udeur nell'occhio del ciclone giudiziario che sta scoperchiando decenni di malaffare in Campania. Proprio in questi giorni i poliziotti della squadra mobile di Napoli sono impegnati ad incrociare nomi e date di nascita degli iscritti al Partito democratico di Castellammare di Stabia, dopo che si è scoperto che tra i tesserati al partito c'erano anche Carolina Mosca, la nuora del boss Michele D'Alessandro e un killer dello stesso clan, che a febbraio trucidò in strada il consigliere comunale stabiese del Pd Gino Tommasino. Circostanze che hanno spinto Dario Franceschini (e prima di lui il commissario provinciale del partito Enrico Morando) ad intervenire da Roma per denunciare il pericolo di infiltrazioni camorristiche nel partito in Campania. E ci sono poi le inchieste ed i processi in corso. Lo scandalo del «sistema Romeo» che ha portato all'arresto di cinque assessori della giunta comunale di Napoli, guidata dalla Democratica Rosa Russo Iervolino. Una costola di questa indagine è ancora coperta da segreto e ruota attorno all'ex Provveditore regionale alle opere pubbliche, Mario Mautone: in questa tranche è indagato anche il figlio del leader dell'Idv Antonio Di Pietro, Cristiano, e sarebbero coinvolti altri esponenti dell'Italia dei Valori: nel mirino, anche qui, appalti sospetti e incarichi che sarebbero stati affidati ad amici degli amici. Un pentolone che non è stato ancora scoperchiato del tutto e che promette di rivelare scenari ancora inediti del connubio tra malaffare e amministrazione pubblica in Campania. A chiudere il cerchio c'è il processo in corso per lo scandalo dell'emergenza rifiuti: tra i principali imputati compare anche lui, Antonio Bassolino, vero padrone della sala dei bottoni della politica campana. Ma il processo, tra cambi di collegio e intoppi procedimentali, zoppica tra un rinvio ed un altro verso l'inevitabile prescrizione.

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