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Vecchi pentiti per nuove accuse

Totò Riina

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Dopo il «papello» tornano le dichiarazioni a orologeria. Di collaboratori di giustizia e non solo. Verbali sottoscritti da Giovanni Brusca, l'uomo che schiacciò il pulsante che fece saltare in aria il giudice Falcone e la sua scorta. Il pentito, come scrive L'Espresso nel numero in uscita, dichiara che Totò Riina rivelò alla vigilia di Natale del 1992 che «lo Stato si era fatto avanti»: «ho avuto un messaggio - disse il capo dei capi - Viene da Mancino». Brusca racconta al magistrato di Firenze, Giuseppe Chelazzi, che fu accolto a quella riunione proprio da Riina, che con un gran sorriso rivelò: «Eh! Finalmente si sono fatti sotto. Ci ho fatto un papello così...» indicando con le mani un foglio di grandi dimensioni. Quella, scrive L'Espresso, fu l'unica volta che Brusca sentì pronunciare da Riina il nome di Mancino, che era stato riferito a Riina attraverso Ciancimino.   Mancino all'epoca ministro dell'Interno e oggi vice presidente del csm rigetta queste accuse: «L'arresto di Riina nel gennaio 1993 è la mia risposta a queste insinuazioni». Dopo lo scossone della cattura di Riina, la mafia, verso la fine del '93, cerca nuovi referenti politici. «Il boss Giuseppe Graviano - scrive l'Espresso -, secondo il pentito Spatuzza, avrebbe allacciato contatti con Marcello Dell'Utri. Spatuzza quindi sostiene che il nuovo «referente» era Forza Italia e quindi Berlusconi». Un vecchio teorema che vede il senatore Dell'Utri sotto processo. E ora, accantonata la trattativa tra mafia e carabinieri nel mirino compare Berlusconi. Brusca e Spatuzza collaborano da anni con la giustizia ma le dichiarzioni più scottanti prendono vita solo ora.  

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