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Le toghe prendono poteri che non hanno

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Mi limito a questa candida similitudine, per non cadere, con un paragone più incisivo, nella volgarità. Nessuno dei santi costituzionalisti si è mai strappato le vesti per gli articoli disapplicati e, tanto meno, per certe prassi capaci di derubricare il dettato costituzionale a legge della giungla. Ieri, il Csm, escrescenza in divenire di una Costituzione che si scrivono da soli, ha aperto una pratica a tutela del giudice del Tribunale civile di Milano Raimondo Mesiano, quello dei 750 milioni, che dall'italiano Berlusconi dovrebbero finire nelle tasche dell'elvetico Carlo De Benedetti. Palazzo dei Marescialli, in verità, non solo è il terminale dei partitini togati - e questa filiera partitocratica non sta scritta in alcun angolo della Costituzione -, ma apre pratiche a tutela, che sono del tutto illegittime, per la semplice ragione che nessuna norma le prevede. Chi ha invocato l'ennesima botta del fai da te ad Est della Carta fondamentale? I soliti militanti Unicost, Movimento per la giustizia, i laici del centrosinistra, Magistratura democratica, insomma, tutto l'ambaradan dell'Anm. È legale codesto meccanismo, in base al quale un'Istituzione costituzionale diviene portavoce di correnti politicizzate e di un sindacato di categoria? Ricordo la solenne e singolare affermazione di Giancarlo Caselli: «Sono stato di Md fin dall'inizio, in pratica per gli stessi motivi, per cui ho scelto di fare il magistrato...». Livio Pepino, magistrato di lungo corso, collaboratore dell'Unità e tuttora membro del Csm, spiegò, con sincerità, il nesso, per così dire, fisiologico tra toghe e le varie sfumature di rosso: «...parte consistente dei giudici ha percepito che una indipendenza reale - irrinunciabile in uno Stato democratico - deve coniugarsi con la correttezza, la trasparenza, l'apertura alle spinte partecipative e progressiste». Perché mai l'essere indipendenti - nessuno cita mai il dovere della terzietà e dell'imparzialità - dovrebbe necessariamente «coniugarsi» con l'essere comunisti, postcomunisti, cattocomunisti, o, comunque, di sinistra? Le troppe patologie della nostra macchina giudiziaria trovano, seguendo simile derive, il degno coronamento in un Csm, che si attribuisce via via poteri che non ha. Lo ha affermato anche un giurista del valore di Giovanni Verde, già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Verde ha denunciato che non esistono da nessuna parte «norme che attribuiscono la competenza di provvedere alla tutela dei magistrati». Ed ha aggiunto: «Il Consiglio non ha poteri ispettivi, non gli compete la vigilanza, conosce gli illeciti disciplinari solo come giudice... Questo è un altro potere di valutazione che il Csm s'è preso, ma che non è previsto...». Un Csm che si prende a piacimento poteri ulteriori fa paura. Cossiga promise, ma non fu di parola, di sanare le irritualità, le illegalità e le esondazioni del Csm, attraverso l'invio dei Carabinieri. Dall'attuale presidente, Giorgio Napolitano, mi aspetto soltanto che richiami il Consiglio ai confini dell'art. 105 e della legge istitutiva del 1958, pena lo scioglimento immediato per manifesta fuoruscita dal recinto della Costituzione.

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