Ecco come buttano i nostri soldi Regione Lazio, 6 capi senza gruppo
{{IMG_SX}}Mentre il presidente Marrazzo è alle prese con il debito della sanità e con i tagli agli ospedali, nel Consiglio regionale del Lazio i privilegi trionfano. Alla Pisana, infatti, ci sono 6 gruppi politici formati da un unico consigliere. Tra indennità e spese costano alla Regione (cioè ai cittadini) più di due milioni e mezzo di euro all'anno. I sei rappresentanti potrebbero accomodarsi nel gruppo misto ma, secondo il regolamento, hanno il diritto di guidare una formazione autonoma. Loro non ci hanno pensato due volte. Anche perché la Pisana gli assegna l'indennità di capogruppo, uffici adeguati con computer, fax, telefoni, un capo della segreteria, cinque dipendenti e un addetto stampa. Tanto per non farsi mancare niente. Resta poi alla fantasia dei consiglieri scegliere nomi e simboli delle formazioni, che a volte esistono soltanto negli edifici istituzionali. I «magnifici» sei sono Vladimiro Rinaldi, capogruppo della Lista Storace, Francesco Saponaro del Movimento per le Autonomie, Ivano Peduzzi, numero uno di Rifondazione Comunista-Sinistra europea, Maria Antonietta Grosso del Partito dei Comunisti Italiani, Donato Robilotta, capogruppo dei Socialisti Riformisti verso il Pdl e Raffaele D'Ambrosio dell'Unione di centro per la Costituente. Fino a pochi giorni fa ce n'erano altri due: Giuseppe Celli (Rete Socialista) e Antonietta Brancati (Liberali Riformatori). Hanno deciso di unirsi e dare vita a un gruppo dalla sintesi inequivocabile: Liberali e Rete Riformista dei Cittadini. Tuttavia non si può fare di tutta l'erba un fascio: ci sono i consiglieri (come Rinaldi e Peduzzi) che sono stati eletti nelle liste di cui adesso sono capigruppo. Dunque sono stati votati sotto quei simboli dagli elettori. Cioè sono «solitari» malgrado la loro volontà. Ma quanto costano i capigruppo di se stessi? A conti fatti 2 milioni e 560 mila euro all'anno, che la Pisana sborsa senza proteste. È la normativa del resto, nessuno ruba niente. Al massimo è una questione morale (e dunque politica). Il timoniere di ogni movimento trova in busta paga una specifica indennità di 1.600 euro, a cui vanno aggiunti gli stipendi delle cinque persone che lavorano nella sua segreteria, che fanno più o meno, compresi gli oneri a carico della Pisana, 15 mila euro. Vanno aggiunti gli stipendi del caposegreteria (3.500 euro netti al mese) e dell'addetto stampa del gruppo (2.200 euro al mese). In tutto, con contributi e tasse, per il personale si arriva a 25 mila euro al mese. Infine ci sono le spese degli uffici. Mica poche. Telefoni, fax, fotocopiatrici, computer, posta e chi più ne ha più ne metta. In tutto 9 mila euro. Fanno 35.600 euro al mese. Cioè 427.200 euro all'anno per ogni gruppo. Dunque 2 milioni 563 mila euro per le sei formazioni. Se poi si considerano anche i due gruppi che soltanto da pochi giorni hanno smesso di essere «solitari» si arriva a 3 milioni 417 mila euro. Soldi che la Pisana ha speso negli ultimi anni per i partitini che più mini non si può. Ma del resto è stato il regolamento regionale a permettere ai consiglieri di formare nuovi movimenti e dunque di aumentare la loro dote ben oltre quei nove-diecimila euro in media che gli spettano ogni mese. Non è un caso che nel Consiglio regionale del Lazio ci siano politici che hanno cambiato casacca anche quattro o cinque volte. Se a questo si aggiunge che almeno in qualche caso nelle segreterie vengono «piazzati» amici o addirittura parenti allora il gioco vale davvero la candela. A formare minigruppi sono stati anche consiglieri eletti nel listino, cioè nella formazione legata alla vittoria del candidato presidente. Tredici persone che conquistano un posto in Aula in caso di vittoria del «loro» aspirante governatore. Qui la posta diventa astronomica. Ovvero: come ottenere il massimo rischiando il minimo. Da anni si parla della nuova legge elettorale e della necessità di cancellare i partitini ma la discussione è ancora in Commissione e mancano meno di cinque mesi alla fine della legislatura. Nelle prossime settimane le norme dovrebbero sbarcare in Consiglio. Chissà che non si riesca, per una volta, a dare il buon esempio.