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La Chiesa resta prudente: prima parliamo di diritti umani

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«Nonvedo — aveva detto — perché non si possa insegnare la religione islamica. Questo è il rispetto dell'essere umano e il rispetto non deve essere selezionato». Un tema sul quale il cardinale, ancora alla guida di Giustizia e Pace, è tornato ieri, quando si è diffusa la proposta della Fondazione Fare Futuro: Martino ha sottolineato che, assicurando i debiti «controlli», si tratterebbe, oltre che di un «diritto», di un meccanismo che permetterebbe di evitare che i giovani di religione islamica finiscano nel «radicalismo». La posizione di Martino non va confusa con la posizione ufficiale della Santa Sede: non è un portavoce istituzionale, ma l'esponente di un organo curiale. Ma racconta come il dibattito sull'opportunità dell'insegnamento della religione islamica a scuola è rimasto vivo. «In generale — spiega un esponente della Curia che vuole rimanere anonimo — da parte della Santa Sede non c'è alcuna preclusione né all'insegnamento dell'Islam, né a quello di qualunque altra religione a scuola. Però c'è da valutare concretamente caso per caso. E, per quanto riguarda all'Islam, ci sono dei problemi oggettivi prima di arrivare all'insegnamento dell'Islam a scuola». Problemi che riguardano prima di tutto un «referente», dato che la religione islamica non ha un vertice riconosciuto, né un clero, come la Chiesa cattolica. E poi, quale Islam debba essere insegnato a scuola, visto che la stessa religione islamica è divisa in correnti, che danno interpretazioni diverse del Corano tra loro. Infine, «devono essere visti e considerati anche i parametri di costituzionalità, prima di aprire all'insegnamento della religione islamica nelle scuole». Non si tratta di una chiusura, ma nemmeno di porte spalancate. Semmai, di una certa cautela, necessaria nel caso del dialogo con l'Islam. Non è un caso che la stessa posizione sia venuta fuori da monsignor Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, in un luogo dove il dialogo islamo-cristiano è una necessità, dato il grande numero di immigrati che giunge e si stabilisce a Mazara. «Nulla in contrario da un punto di vista di principio — dice monsignor Mogavero — mi sembra però un po' come lanciae un passo in una piccionaia». Quello che serve, dice Mogavero, prima di tutto un concordato, e «una volta definito il quadro giuridico, possono essere esaminati i singoli problemi». Che riguardano anche le modalità di insegnamento: «Sarebbe un'ora di religione organizzata sul modello di quello concordato tra Stato e Chiesa cattolica, o in altro modo? E quale?» Lo scetticismo per la proposta è manifestato anche da monsignor Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Vita: all'estero e non consapevole di tutti i dettagli della proposta, ci tiene a specificare che «su questo tema dovrebbe pronunciarsi la Conferenza Episcopale». Ragguagliato poi della proposta, si congeda con un ironico: «Tanti auguri all'Italia». In realtà, dietro l'accusa di «pressapochismo» del cardinal Tonini c'è anche una linea che sembra precisa e delineata. Che è quella di definire con il mondo islamico prima di tutto alcune questioni fondamentali sui diritti umani, come la libertà di culto e la difesa delle minoranze religiose anche nei paesi islamici. Insomma, non fare troppe concessioni senza avere prima delle garanzie di dialogo.

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