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Noi tutti abbiamo la triste impressione che i colpevoli siano raramente condannati e rarissimamente scontino la pena, eppure le carceri sono piene ed il governo deve provvedere prima che scoppino.

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Sipreparano giorni duri, con la maggioranza che sembra volere uscire dal letargo riformista, mettendo anche mano alla Costituzione. Più della metà dei detenuti non sta scontando una pena, ma è ancora da ritenersi innocente. Più della metà di chi si trova in prigione è in attesa di giudizio. Questo modo scombinato ed inaccettabile di gestire le cose fa sì che si crei un gran via vai di detenuti, fra i quali molti non dovrebbero uscire, e molti non sarebbero dovuti entrare. Temo che aumentando il numero dei posti in cella non cureremo affatto il male, limitandoci a lenirne uno dei sintomi. Fino a quando si penserà di amministrare la giustizia per venire incontro ai problemi di magistrati, avvocati e cancellieri, questo schifo ce lo teniamo stretto e, se possibile, lo sviluppiamo. Abbiamo la peggiore giustizia del mondo civile, ed anche di quello incivile, e siamo qui a cincischiarci su pseudoconcetti privi di senso. Ne cito due. Il primo: il pubblico ministero deve essere indipendente. Da chi? Qui sono in tanti a non essersi accorti che, a furia di politicizzazione ed interpretazione evolutiva, i magistrati si sono resi indipendenti dalla legge. In Francia i procuratori sono dipendenti dal ministero della giustizia, eppure hanno messo sotto processo un Presidente della Repubblica ed un capo del governo, oltre a tanti altri, fra governanti e politici. Nei nostri tribunali la giustizia è in coma profondo, nel mentre l'accusatore resta collega di chi giudica. Il secondo pseudoconcetto: le riforme devono essere condivise. Da chi? In democrazia il popolo vota, stabilisce chi ha la maggioranza e gli affida il compito, anzi, il dovere di governare e legiferare. Se, invece, ogni volta che si presenta un problema leggermente più grosso di un foruncolo, si attacca a dire che ci deve essere un consenso ampio, comprendente anche quelli che le elezioni le hanno perse, allora, che andiamo a votare a fare? La maggioranza ed il governo non hanno solo il diritto, hanno anche il dovere di cambiare le cose e restituire all'Italia realizzazioni che vadano nel senso delle promesse fatte. Ogni tentennamento, ogni arretramento, non deve essere letto solo nella chiave, tutta politicante, della buona o cattiva salute governativa, ma anche, e prima di tutto, come un indebolimento delle istituzioni ed un tradimento della democrazia. Ci si muova, nell'interesse di tutti e non di pochi.

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