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Autovelox "fuorilegge" sulle strade

Sulla Cristoforo Colombo i vigili urbani si nascondono dietro gli alberi per fare le multe. (Foto Gmt)

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{{IMG_SX}}Stop agli autovelox nascosti dietro curve, alberi o cespugli; basta con gli agguati agli automobilisti. Questi i diktat della direttiva Maroni varata lo scorso 21 agosto per disciplinare l'uso di autovelox da parte dei Comuni. Diktat che però non valgono a Roma. Dopo due mesi, infatti, nella Capitale la direttiva inviata dal ministro dell'Interno ai prefetti viene puntualmente aggirata e disattesa. Guardare per credere. Nelle foto pubblicate in queste pagine e scattate giovedì pomeriggio si vede chiaramente un autovelox nascosto dietro i pini marittimi e i cespugli dello spartitraffico di via Cristoforo Colombo, una delle arterie a veloce scorrimento della Capitale che collega la città al mare di Ostia. Eppure la direttiva del ministro dell'Interno è di una semplicità disarmante, tanto per la sua comprensione quanto per la sua interpretazione. La direttiva inviata da Maroni ai prefetti infatti mira a «disciplinare l'utilizzo degli strumenti di controllo della velocità ispirandosi a criteri di efficienza e trasparenza. L'obiettivo - si legge nel testo della direttiva - è la prevenzione sulle strade, in vista del traguardo fissato dalla Commissione europea di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime di incidenti stradali». La direttiva, inoltre, «affida ai prefetti il compito di monitorare sul territorio il fenomeno della velocità e di pianificare le attività di controllo, avvalendosi del contributo delle conferenze provinciali permanenti, dove sono rappresentati tutti i soggetti pubblici interessati alla materia». Questi i contenuti principali della direttiva: gestione delle apparecchiature solo dagli operatori di polizia e non più da società private; controllo periodico di funzionalità degli apparecchi; modalità di segnalazione della presenza delle postazioni di controllo improntate alla massima trasparenza; modalità di accertamento e contestazione delle violazioni in materia di velocità tenendo conto che non è sempre richiesto il fermo del veicolo; tutela della riservatezza: le foto o le riprese video devono essere trattate solo dal personale degli organi di polizia incaricati al trattamento e alla gestione dei dati. In estrema sintesi, dietro ogni autovelox deve esserci una divisa e gli apparechi devono essere ben visibili. L'intervento del Viminale intende disciplinare l'uso di questi mezzi di controllo della viabilità con criteri di «efficienza e trasparenza», per arrivare all'obiettivo europeo di dimezzare i morti su strada. Sulle autostrade è quasi raggiunto con l'utilizzo del tutor. Mentre sulle strade ordinarie si è al 20% circa di riduzione. La direttiva invita a individuare con criteri oggettivi (il numero degli incidenti accaduti nel biennio precedente) i «punti critici» dove posizionare gli apparecchi, a segnalare ad adeguata distanza la loro presenza con cartelli o dispositivi luminosi ovvero con un veicolo di servizio parcheggiato a lato della strada. Se c'è un'auto civetta deve esserci un'insegna che indichi la forza di polizia o deve essere tenuto acceso un lampeggiante sul tettuccio. Insomma niente «agguati» agli automobilisti, che comunque non devono necessariamente essere fermati. Le notifiche non possono essere notificate da privati. La direttiva tende a contrastare il malcostume di molti Comuni italiani: mettere gli autovelox in modo non visibile e in punti stradali non pericolosi e privi di rischi solo per elevare un alto numero di contravvenzioni e fare cassa. Cosa che la direttiva Maroni vieta fermamente dall'agosto scorso. Ma, a distanza di due mesi, nulla è cambiato sulle strade di Roma. Come dimostrano le nostre foto. Ora, se è vero che la Cristoforo Colombo rappresenta una delle strade più pericolose della Capitale, è anche vero che dagli scatti qui pubblicati risulta in modo evidente che l'apparecchio è nascosto nella vegetazione dello spartitraffico. Non risultano esserci cartelli, dispositivi luminosi né tantomeno una vettura di servizio o un'auto civetta con lampeggiante acceso a segnalare la presenza dell'autovelox. L'automobilista, dunque, ancorché nel torto, non ha alcun modo di apprenderne l'esistenza. La direttiva Maroni quindi viene aggirata e non rispettata in modo palese e il conducente, se multato, può tranquillamente ricorrere al Giudice di pace e vedersi annullata la sanzione. Lo stratagemma di nascondere dietro curve, alberi o cespugli gli autovelox è una degenerazione del concetto di sicurezza stradale: il fine dei Comuni non è tanto quello di prevenire gli incidenti stradali e garantire l'incolumità di conducenti e passeggeri, ma quello di fare cassa, di guadagnare soldi per ripianare bilanci nella maggior parte dei casi disastrati. E l'esempio della Capitale è solo uno di una lunghissima serie. Nella sola provincia di Roma, infatti, la «guerra degli autovelox» è appena cominciata, con una pioggia di ricorsi al prefetto per l'inflazione di autovelox installati da diversi Comuni sui tratti di strade extraurbane di loro competenza.

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