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Altro che regime, Canale 5 sfotte il Cav

Checco Zalone

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BARI - L'Italia è un Paese libero e civile nonostante l'imbarbarimento che sta contagiando il Palazzo e il confronto politico. Altro che regime, verrebbe da dire se non ci si sentisse automaticamente grotteschi come una comparsa del film cult «Vogliamo i colonnelli» di Mario Monicelli... Più forte di manifestazioni o presidi per la libertà di stampa è stato lo show su Canale 5 del comico barese Checco Zalone. Sulla rete ammiraglia della Mediaset, il menestrello della Puglia ha intonato ben due filastrocche, sulle note delle canzoni di De André, dedicate al premier, a Patrizia D'Addario e alla nota liaison di Palazzo Grazioli. Il duetto divertente tra Teresa Mannino e l'ex studente della facoltà di giurisprudenza di Bari alla fine fotografa l'Italia come un «paese normale», dove gli autori di satira preparano testi e spettacoli divertenti, forti come gli antichi fescennini, senza nessuno scalpore (men che meno censure). Lo stesso paese dove la Medusa (sempre area Mediaset) produce «Baarìa» di Giuseppe Tornatore, un film che segnerà l'immaginario di tanti giovani sulla storia di coraggio e passione di un sindacalista siciliano iscritto al Partito comunista. Il comico-cantante è sulla strada di diventare una nuova stella dell'intrattenimento televisivo. Pierluigi Battista gli ha riservato sul Corriere della Sera una puntuale pagina-ritratt. «Mi hanno chiamato già strumento del regime, sottintendendo che dietro il mio spettacolo e le canzoni su Silvio ci fosse la volontà della destra di arruolarmi o erigermi a vessillo della libertà televisiva. Tutte stronzate»: il comico barese ieri è stato sommerso di telefonate. «Tutti mi dicevano hai visto Battista, hai visto Battista - racconta sorpreso - ma io, l'unico Battista che conosco è quello della torrefazione di Triggiano (un paesino dell'hinterland barese, ndr). Non sapevo nemmeno fosse un giornalista importante...». Senza mai perdere il sorriso che lo caratterizza, spiega di non volersi far incasellare in logiche estranee alla sua vocazione di artista libero. «Io non ho mai avuto nessuna censura su Canale 5 o Italia 1. Quando ci sarà un episodio del genere ne parleremo...», insiste. Poi aggiunge qualche retroscena: «Lo spettacolo era stato registrato a settembre. Ai piani alti di Mediaset conoscevano bene il testo delle mie canzoni. Ma nessuno ha sindacato sulla mia performance». L'idea di scrivere qualcosa sulle avventure erotiche di Patrizia D'Addario gli era venuta questa estate. «Ero ad Alberobello, con Gennaro Nunziante (regista e autore di testi e sceneggiature, ndr). Tutti parlavano di questa escort barese e allora abbiamo elaborato le strofe delle canzoni... Così, per divertirci». Sembra quasi di vedere il comico barese, su un dondolo tra i trulli, che strimpella accordi e fa le prove generali delle strofe su Putin, Silvio e il lettone. Tutto condito dalla leggerezza barese, una terra che non ha conosciuto la guerra civile e permette impensabili contaminazioni: lo scrittore Marcello Veneziani può dialogare a cena nel borgo antico con il sociologo meridiano Franco Cassano, i giovani cresciuti nel Fronte della Gioventù partecipano alle feste private di giovani comunisti ormai cresciuti e «io, Luca Medici in arte Checco Zalone, che non sono mai stato di sinistra, posso scrivere canzoni a quattro mani con Nunziante, che è sempre stato di quell'area. Dov'è il problema?». Dopo il successo televisivo, Checco Zalone, ormai ribattezzato «il miglior cantante degli ultimi centocinquant'anni», ha un problema annoso che lo assilla. «Adesso basta con il Pdl, Berlusconi e la D'Addario. Stiamo cercando una faccia della sinistra da prendere per il c..., ma non la troviamo. Al momento non hanno nessuno che funzioni. Ma prima o poi lo troveremo...».

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