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Naufraga la legge antiomofobia

La manifestazione Gay a Roma

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La legge sull'omofobia è naufragata. Almeno per ora. Merito o demerito (dipende dai punti di vista) dell'Aula della Camera che, durante una seduta convulsa, ha approvato la pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'Udc (285 favorevoli, 222 contrari, 13 astenuti) facendo decadere il provvedimento. E ora la domanda che quasi tutti si pongono è una sola: chi ha tradito i patti? Già, perché il testo uscito dalla commissione Giustizia e portato avanti dalla deputata Pd Anna Paola Concia, doveva essere rivisto per inasprire le pene e adeguarle ai principi in materia di contenuti nel trattato di Lisbona già ratificato dal Parlamento. Così, maggioranza e opposizione, avevano concordato sulla necessità di rimandarlo in commissione. Ma, quando si è trattato di votare in Aula, qualcosa non ha funzionato. Il Pd punta il dito contro il Pdl. «Il nostro vicecapogruppo Gianclaudio Bressa - racconta Donatella Ferranti capogruppo in commissione Giustizia - ha detto che avremmo accettato un rinvio a patto che ci fosse l'impegno a riportare il provvedimento in Aula entro una data certa, per esempio novembre. Ma dal Pdl non c'è stato alcun impegno in tal senso. Così abbiamo capito che, votando il rinvio, il testo sarebbe stato affossato definitivamente e con la nostra connivenza». Risultato? I Democratici votano contro, il Pdl fa altrettanto spiegando che se il Pd intende discutere il provvedimento, non saranno loro ad impedirlo. Si va avanti. A questo punto, però, il risultato diventa scontato. La maggioranza, convinta che il testo vada migliorato, vota a favore della pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'Udc. E la legge viene bocciata. Paola Concia è un fiume in piena: «Mi vergogno di questo Parlamento. Questo provvedimento era stato votato quasi all'unanimità in Commissione, lo avevano appoggiato sia il Pd sia il Pdl. Nelle ultime ore erano emersi dei problemi e noi, per salvarlo, eravamo disposti a rinviarlo in commissione per limarlo. Ma il Pd non ha appoggiato la richiesta che avrebbe permesso di salvare il testo e il Pdl lo ha affossato votando a favore delle pregiudiziali». «Il rinvio era meglio - aggiunge -. Il Pd ha sbagliato tattica, non doveva votare contro, si sapeva che nel voto sulle pregiudiziali finiva così. Il gruppo ha sbagliato e non mi stupirei se per ragioni congressuali».   Un'accusa che viene rispedita al mittente. «In Aula - fanno notare dal partito - c'erano sia Pier Luigi Bersani che Dario Franceschini e hanno votato allo stesso modo». E comunque, assicura la vicecapogruppo Marina Sereni, «presenteremo nei prossimi giorni un nuovo testo, più avanzato e armonizzato con il trattato di Lisbona». Certo è che i dubbi rimangono. Non solo perché quella sull'omofobia era una bandiera dell'area che si riconosce nella candidatura di Ignazio Marino, ma anche perché Paola Binetti, ad esempio, ha votato a favore delle pregiudiziali («una scelta intollerabile» l'ha definita Dario Franceschini che poi si è detto convinto che per la deputata si ponga «un serio problema di permanenza nel partito»). E in Aula al momento del voto non c'erano i teodem Luigi Bobba, Marco Calgaro ed Enzo Carra. Ma anche altri rutelliani come Linda Lanzillotta, Gianni Vernetti e Paolo Gentiloni, oggi però più vicino a Franceschini. I sei non sarebbero stati decisivi al fine della conta, ma siamo proprio sicuri che il congresso non c'entri niente?

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