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La Jihad on line crea pericolosi terroristi

La porta carraia della Caserma S. Barbara a Milano dopo l'attentato

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Segnali inquietanti. Un sottile filo che lega episodi passati con questa strage sfiorata. Tutto unito dalla Rete. Internet è l'arma che sfugge a ogni controllo. Internet cassa di risonanza di proclami e scuola «per corrispondenza» di aspiranti terroristi. Un mondo virtuale sempre più minaccioso dove da tre giorni appare il messaggio che celebra l'Attacco all'America dell'11 settembre, le bombe al treno di Madrid del 2004, quelle di Londra nel 2005 e annuncia nuovi massacri in Europa. Grafica accattivante, animazioni interattive per rivendicare e promettere nuove stragi. E poi più oltre i manuali per costruire ordigni sempre più sofisticati con sostanze innocue che miscelate possono produrre esplosioni devastanti. Un percorso comune a tanti seguaci del credo qaedista. Dall'imam di Ponte Felcino a Perugia che studiava come pilotare gli aerei e costruire bombe sul web, all'afghano Najibullah Zazi arrestato a Denver che voleva far saltare la metropolitana di New York con una bomba simile a quella assemblata da Mohammed Game. La stessa «madre di satana», la miscela di triperossido di acetone, divenuta l'esplosivo povero degli aspiranti kamikaze che vogliono così essere annoverati tra i martiri di Al Qaeda. Organizzazione che spesso conoscono solo per sentito dire ma di cui vogliono imitare le imprese. L'episodio di Milano della caserma Santa Barbara è solo l'ultimo atto di una serie di attacchi solitari avvenuti in Italia. Nel 2003 a Modena un palestinese con passaporto del Kuwait si fa esplodere con l'auto nella stradina di costeggia la sede della Comunità ebraica. Muore carbonizzato e riesce solo a rompere un po' di vetri. Stessa tecnica per un altro «shahid», Mustafa Chaouki, un marocchino che si è dato fuoco nella sua auto in un parcheggio di McDonald's a Brescia. La strage è evitata per un soffio. Bloccati prima che entrassero in azione il saldatore e l'operaio edile, lavoratori e bravi padri di famiglia, che a Milano lo scorso anno volevano «festeggiare» il Natale con un «gran botto». Gli uomini della Digos di Bruno Megale e Giusy Suma li hanno bloccati prima che passassero dalle parole ai fatti. L'errore che ha impedito loro di diventare «martiri» è stato quello di cercare di trovare altri adepti per la causa. Il tentativo di reclutamento è stato intercettato dalla polizia che chiuso la rete. Una storia simile a quella di Mohammed Game e dei suoi compari. Solo che la conversione del libico alla Jihad è cosa recentissima. È passato all'azione nel giro di due mesi.   Fomentato dalla rabbia delle sue dissaventure e dai proclami del suo connazionale Abu Yahya al Libi, numero 3 di Al Qaeda che non passa settimana che non lanci appelli alla guerra santa contro le nazioni con proprie truppe in Afghanistan. Tra qualche giorno il gesto di Mohammed Game, «lupo solitario» senza legami diretti con Al Qaeda, sarà celebrato da qualche leader dell'organizzazione. E così la paura tornerà a sepreggiare nelle strade d'Italia.  

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