Lo strano kamikaze fai-da-te
Una volta si arruolavano nel battaglione Al Mujaheddin in Bosnia per combattere contro i serbi. Oppure raggiungevano l’Afghanistan dei talebani per addestrarsi alla guerra santa internazionale. Con la caduta di Saddam avevano trovato una nuova palestra in Iraq giungendo a frotte dal Medio Oriente e dall'Europa, compresa l'Italia. Adesso è ben più difficile, per gli emuli di Al Qaida che vivono in Occidente, immolarsi in prima linea. Mohammed Game, il libico saltato in aria a Milano, non è solo un terrorista solitario, ma un pasticcione. Sposato con un'italiana vivacchiava grazie a lavori saltuari. La polizia lo aveva segnalato per reati di piccolo cabotaggio, che non hanno a che fare con Osama bin Laden. Non significa che fosse meno pericoloso. Un misto di fallimento personale, preghiera nella moschea di viale Jenner, navigazione su internet fra i siti che inneggiano ai kamikaze ricambiati con il paradiso di Allah, deve averlo convinto a compiere l'attentato. Un terrorista fai da te, che si è costruito la bomba artigianalmente riuscendo a mezzo ammazzare solo se stesso. Un pasticcione senza preparazione militare, che voleva compiere l'atto eclatante. Molto simile ai due marocchini arrestati lo scorso dicembre a Milano, che intendevano colpire una serie di obiettivi compresa la caserma dell'esercito attaccata malamente ieri mattina. L'antiterrorismo li ha fermati prima. Uno di loro, Ilhami Rachid, predicava nel centro culturale «Pace» di Macherio, in Brianza. Mai imbracciato un kalashnikov la coppia degli aspiranti mujaheddin sognava di far esplodere camion imbottiti di esplosivo nelle piazze italiane, grazie ai video e manuali che si scaricano dalla rete. Una specie di Al Qaida virtuale, dove il marchio viene utilizzato in franchising da disadattati che vivono a casa nostra e sperano di trovare nella guerra santa il loro riscatto. In alcuni casi seminano morte e distruzione come a Londra e Madrid. In Italia, per ora, sembrano solo dei terroristi sfigati. Le cellule vere, che hanno ancora contatti con le filiere del terrore in zone toste, come l'area tribale a cavallo fra Pakistan e Afghanistan, stanno bene attente ad esporsi. L'Italia continua a venire considerata dai gruppi integralisti una base logistica per sbarcare in Europa, dove fare proseliti, raccogliere fondi e garantire rifugi tranquilli. Lo aveva capito fin dagli anni novanta Abdelkhader Es Sayed, il pezzo più grosso di Al Qaida transitato nel nostro paese. Un egiziano, poi morto sotto i bombardamenti Usa in Afghanistan, che era riuscito addirittura a spacciarsi come perseguitato ottenendo asilo politico. Oltre ai terroristi solitari e pasticcioni la minaccia di attentati devastanti in Europa è sempre all'ordine del giorno. Non a caso il governo pachistano e italiano hanno appena firmato un accordo di collaborazione nel campo dell'intelligence. Proprio per evitare che l'Al Qaida in franchising colpisca veramente a casa nostra.