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Feltri insiste: accordo tra gentiluomini Napolitano: "Da 13 non sono di parte"

Napolitano e Berlusconi

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Vittorio Feltri risponde a Giorgio Napolitano, che ieri aveva diffuso una nota in cui smentiva l'esistenza di un patto con il Colle sull'approvazione del Lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale di cui aveva scritto direttore de Il Giornale, e ribadisce: se non lo vogliamo chiamare patto, nemmeno tra gentiluomini, si sappia che fu "cooperazione molto intensa". Lieve distinzione lessicale che, per il quotidiano, non fa poi una gran differenza. Tanto è vero che, scrive Feltri "alla stesura del testo partecipò attivamente il consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, già capo di Gabinetto del ministro Diliberto" quando questi vi copriva il Dicastero di Grazia e Giustizia. E D'Ambrosio, prosegue Feltri, rivolgendosi direttamente a Napolitano, "non penso abbia agito senza informarla su quanto andava facendo per rendere approvabile il lodo". Insomma, "il ministro Alfano e il Quirinale avevano lavorato di concerto", secondo il quotidiano, mentre "la Consulta non ha accolto il parere della Presidenza". E gli sconfitti, conclude Feltri, "sono due, il premier e il Presidente". Il presidente della Repubblica non entra nel merito dopo la nota diffusa ieri, ma alla prima conferenza dei prefetti alla Scuola superiore di amministrazione dell'Interno ha usato un inciso per chi lo ha criticato in questi giorni. "Già tredici anni fa, quando diventai ministro dell'Interno, ero determinato a svolgere l'incarico come uomo ormai delle istituzioni e non di una parte politica", ha detto il capo dello Stato. Napolitano, poi, ha anche auspicato "alcune, incisive modifiche costituzionali per dare coerenza alla svolta che è stata avviata in senso autonomistico e federalista".  

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