Tramonta l'usa e getta, tornano i riparatori
Alfredo fa il calzolaio da più di trent'anni. Ne ha vissuti tanti di momenti difficili, ma come questo non lo ricorda. Eppure, ci dice sorridendo dalla sua bottega in zona Prati, «da quando c'è questa crisi la gente ripara più volentieri tacchi e suole delle scarpe». Vecchi mestieri tornano in auge? Stando ai dati diffusi dalla Confartigianato si direbbe che in un certo senso è così. Sia chiaro, non per tutti i settori c'è la stessa capacità di sopravvivenza, ma per quelli antichi che riescono a ricavarsi una nicchia nel panorama assai variegato dell'artigianato, la crisi ha portato una boccata d'ossigeno. Ecco allora che tutto ciò che ha a che vedere con il settore «riparazione di altri beni di consumo» che conta nel Lazio 446 imprese, confermano dalla Confartigianato, sia di biciclette, che di articoli di vestiario come di apparecchi ad uso domestico, ha registrato un incremento del numero delle imprese da un anno all'altro di quasi l'1%. Non è moltissimo, ma nel quadro dei segni meno, il risultato ha la sua importanza. Sono tornati ad esempio di moda gli accordatori di pianoforte (la crisi non spegna il lato artistico della gente), i riparatori di giocattoli per bambini (ce ne sono poche decine davvero esperti a Roma, che per i loro affari fanno leva sul passaparola e si appoggiano su negozi storici di giocattoli), chi ripara gli apparecchi ad uso domestico non elettrici, chi affila i coltelli (il famoso «arrotino») e chi in generale nel settore artigianato punta sulla qualità dei prodotti. «In questo periodo di crisi il consumatore se può rinvia l'acquisto del prodotto nuovo e si concede più di rado l'usa e getta - spiega Mauro Mannocchi, Presidente di Confartigianato Roma - ragione per cui negli ultimi mesi si è registrato un aumento di lavoro per gli artigiani riparatori di beni di consumo con un incremento di lavoro nell'ordine del 15%». E se la risposta alla crisi fosse proprio la qualità dei prodotti, si capirebbe anche perché, come confermano le più importanti associazioni imprenditoriali di categoria, chi ha resistito meglio nell'ultimo anno alla difficile congiuntura economica sono stati proprio gli imprenditori che hanno puntato su prodotti di qualità, diversificando il più delle volte anche la produzione. E tra i settori che hanno navigato la difficile congiuntura economica c'è l'alimentare. «I numeri parlano da sé», dice Paolo Gentilini, presidente della sezione alimentare della Uir: il settore dei fuori pasto, ad esempio, segna un 2% in più rispetto al 2008, quello dei prodotti da forno tra il 7 e l'8%. Le aziende del comparto, dunque, ci hanno guadagnato in fatturato e giro d'affari. La crisi ha poi premiato chi si è mostrato disposto a rischiare. «Ci sono due tipologie di imprenditori che in questo momento di difficoltà si fanno spazio sul mercato – spiega Giovanni Quintieri, Direttore della Federlazio – quelli che hanno investito in passato e sono in un certo senso "obbligati" ad andare avanti e quelli, invece, che "sfruttano" un periodo di difficoltà generale per prendere il posto di chi non ce la fa a sopravvivere e tira i remi in barca».