Lodo Alfano, ora tocca alla Consulta
È in corso la seduta della Corte costituzionale sul lodo Alfano, la legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. La Consulta è al plenum, con i 15 giudici. Tre i ricorsi presentati contro il provvedimento: due dai giudici di Milano nell'ambito dei processi in cui il premier è imputato per corruzione in atti giudiziari e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi; il terzo dal gip di Roma chiamato a decidere se archiviare (come chiesto dalla procura) o rinviare a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura. Nel tardo pomeriggio ci sarà la camera di consiglio della Corte chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. Il verdetto potrebbe slittare a domani o alle prossime settimane. L'AVVOCATURA DI STATO "E' stato detto che si sarebbe tentato di condizionare codesta corte. L'avvocatura ha difeso una norma, prodotto legislativo del Parlamento, che lo Stato ha il dovere di difendere". Con queste parole l'avvocato dello Stato, Glauco Nori, nel corso dell'udienza alla Consulta sul lodo Alfano, commenta le polemiche scaturite nelle scorse settimane, in merito al contenuto della memoria difensiva presentata in vista dell'udienza di oggi. "La Corte non è condizionabile - ha rilevato Nori - è singolare che queste osservazioni provengano da fonti anche autorevoli che hanno avuto funzioni precedenti". L'avvocato dello Stato, poi, sostiene come sul documento da lui presentato alla Consulta ci siano state "interpretazioni fantasiose", in particolare equivocando le sue parole inerenti "danni irreparabili" se la Corte dichiarasse incostituzionale il lodo Alfano. "Sarebbero stati danni irreparabili - spiega oggi Nori - se si trascuravano gli impegni di governo: penso, ad esempio, alla partecipazione di un premier al Consiglio europeo". Per questo, l'intervento per risolvere il conflitto creatosi tra "esigenze di funzioni di governo e il diritto di difesa" si poteva fare "solo sul processo". NON AMMESSA LA PROCURA DI MILANO La Corte costituzionale ha deciso di dichiarare "inammissibile" la richiesta di costituirsi in giudizio avanzata dalla Procura di Milano nell'udienza sul lodo Alfano. Dopo la riunione in Camera di Consiglio i giudici hanno preso questa decisione. La decisione è stata comunicata dal presidente della Corte, Francesco Amirante, alla ripresa dell'udienza successiva. La Procura, rappresentata dal professor Alessandro Pace, aveva sostenuto di dover partecipare al giudizio ai sensi dell'art. 111 della Costituzione sulla parità delle parti nel processo. L'ARRINGA DEI LEGALI Ai banchi della difesa sono seduti gli avvocati - e parlamentari - Gaetano Pecorella e Niccolò Ghedini, insieme a Piero Longo. "La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione, come del resto la Corte ha già ribadito" è la motivazione con cui l'avvocato Ghedini ha aperto la sua arringa. Ghedini ha ricordato anche che esistono norme particolari, riservate ad esempio, a chi ha commesso reati rivestendo incarichi nella pubblica amministrazione o nelle Forze armate. Infine, ha respinto l'ipotesi di concedere il lodo solo per determinati reati. A suo avviso "qualsiasi differenziazione, per quanto riguarda la concessione o meno del legittimo impedimento a comparire, sarebbe, questa sì, incostituzionale, se prevista in base a tipologie di reato". Per Ghedini con il lodo "è stata realizzata la condivisibile finalità di questa legge". "Con le modifiche apportate alla legge elettorale, il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più 'primus inter pares', ma deve essere considerato primus super pares". Così l'avvocato Gaetano Pecorella ha difeso, davanti alla Consulta, la costituzionalità del 'lodo Alfano escludendo che la legge introduca elementi di disparità del trattamento e dei cittadini innanzi alla legge. Pecorella ha aggiunto che bisogna prendere atto del fatto che "con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali". LA DECISIONE NON SIA POLITICA «Quello della Consulta non sarà un giudizio politico ma un giudizio basato sull'esame delle norme costituzionali». Così l'avvocato del premier Silvio Berlusconi, Gaetano Pecorella, ha risposto alle domande dei cronisti uscendo dal Palazzo della Consulta al termine dell'udienza del Lodo Alfano. Pecorella non ha escluso che, in caso di parziale bocciatura del Lodo, «ci possa essere comunque spazio per intervenire, nuovamente, con modifiche sulla legge: bisognerà aspettare le motivazioni. Ma ho fiducia in questa Corte».