Messina, sale il numero delle vittime
MESSINA - È l'ora di rimboccarsi le maniche, nel messinese, per ridare vita ai quattro chilometri di terra devastati dall'alluvione di giovedì. E così è iniziata a Scaletta Zanclea, paese alle porte di Messina, la demolizione del palazzo di quattro piani oramai divenuto simbolo della distruzione, completamente sventrato dalla massa di fango, detriti e massi. Intanto, si riducono al lumicino le speranze di trovare corpi in vita tra le montagne di fango. Il numero dei morti sale a 24, quello dei dispersi a 40, dei ricoverati negli ospedali a 29 e degli sfollati (alloggiati in alberghi) 564. Frattanto, si continua a scavare e non senza difficoltà. La scorsa notte, fra l'altro, è caduta sulla strada che collega Molino ad Altolia una valanga che ha di nuovo ostruito la strada fra le due frazioni di Messina rimaste isolate per oltre 48 ore dopo il nubifragio. Attualmente solo la zona di Altolia è nuovamente isolata, dopo che i mezzi di soccorso erano riusciti ad aprire un varco sulla strada. Davanti all'hotel Capo Peloro, a Messina, dove alloggiano 137 sfollati, ieri mattina sono arrivati numerosi cittadini che hanno portato sacchi con viveri, vestiti e giocattoli per i bambini. Sui pavimenti di tre stanze dell'albergo sono stati ammassati i sacchetti che verranno distribuiti ai senza casa. Una forza, quella della solidarietà, che va crescendo ora per ora. L'Enel, allo stesso tempo, fa sapere che quasi tutta la rete elettrica è stata ripristinata. Ma la rabbia dei sopravvissuti sale più che mai. «Siamo vivi per miracolo. Eravamo in un bar con degli amici quando è scoppiato il nubifragio: l'acqua ha invaso il locale raggiungendo subito l'altezza di un metro, siamo fuggiti e ci siamo rifugiati in una casa. È stato terribile. Adesso non ci vengano a dire che si è trattato di una fatalità: questa è una tragedia annunciata». Non riesce a trattenere la collera Emilio Guadagni, 71 anni, pensionato, uno degli sfollati di Giampilieri ospitato a Messina nel villaggio turistico Le Dune. L'anziano, scampato alla frana che a Giampilieri ha seminato morte e distruzione, punta il dito contro le responsabilità di chi avrebbe dovuto prevenire il disastro: «Già due anni fa — ricorda — c'era stata un'alluvione e gli amministratori avevano messo in sicurezza la montagna con delle gabbie di ferro, ma questo non è stato sufficiente: appena è caduta la pioggia, infatti, le catene si sono rotte e la collina si è portata via tutte le nostre case». Dopo l'apertura di un'inchiesta contro ignoti per disastro colposo, anche in Procura si lavora alacremente. È stato formato un pool di esperti: un meteorologo, un geologo, un ingegnere, uno specialista della stabilità degli edifici per individuare le responsabilità tecniche del disastro. Insomma, tra proteste e polemiche si va avanti. E a proposito di proteste, si registrano quelle di un gruppo della «Rete No Ponte» che ha manifestato davanti alla prefettura di Messina, dove era in corso un vertice dell'unità di crisi presieduto da premier Silvio Berlusconi. «Non più vittime, vogliamo sicurezza, no opere faraoniche», si legge su uno dei numerosi cartelli dei manifestanti. Gli ambientalisti indossano magliette con su scritto «No ponte». È arrivato anche il momento di parlare dei funerali. «Ancora non è deciso quando si svolgeranno i funerali delle vittime del nubifragio che ha colpito i paesi della zona ionica di Messina». Ad annunciarlo l'ufficio comunicazione della Protezione Civile di Messina. «Non abbiamo ancora deciso inoltre — proseguono — se fare un unico funerale per tutte le vittime o farne prima uno per le vittime finora trovate e riconosciute e dopo quello per le altre che potrebbero essere ritrovate».